Le manifestazioni storico-folcloristiche con gli animali

La città di Pamplona in Spagna è nota in tutto il mondo per la festa di San Fermín. Migliaia di persone si danno appuntamento ogni anno in questa località per vivere il rischio e l’emozione dei suoi famosi encierros, ritratti per l’eternità da Ernest Hemingway nel suo romanzo Fiesta. L’encierro è infatti la famosa corsa dei tori che ogni anno puntualmente si corre a Pamplona, in occasione della Fiesta di San Firmin, patrono di Navarra, tra il 6 e il 14 luglio. Evento che attira in questa graziosa cittadina spagnola dei Pirenei migliaia di turisti provenienti da ogni parte del mondo.

Quest’anno sono intervenuti anche gli animalisti che hanno marciato pacificamente nel centro di Pamplona cantando, ballando e innalzando cartelli e striscioni che inneggiano ai tori e condannano le corride.

Se i sondaggi indicano che l’amore per la tauromachia, tradizione secolare considerata parte del dna culturale del paese, è in calo in Spagna (il 58% è pronto a rinunciarvi), «los toros» rimangono molto popolari nell’estate spagnola. Quasi in ogni paesino encierros, le corse con i tori, e corride attirano centinaia di migliaia di spettatori, molti dei quali stranieri. Con un impatto economico non trascurabile, soprattutto in tempo di crisi: per l’Università di Extremadura il settore pesa 2 miliardi di euro, circa l’1% del Pil, e 200mila posti di lavoro.

Il governo del premier conservatore Mariano Rajoy nel 2012 ha blindato la “fiesta” dichiarandola bene culturale nazionale, quindi protetto da possibili spinte abolizioniste. Ma dalla vittoria nel 2015 delle giunte di Podemos, in diverse grandi città del paese come Madrid, Barcellona o Valencia il fronte antitaurino è ogni giorno più potente. La Catalogna e le Canarie sono ormai corrida-free, il comune di Madrid ha tagliato le sovvenzioni al settore, l’anno scorso il fronte del no è riuscito a ottenere la fine della millenaria messa a morte con una lancia del Toro de La Vega a Torredesillas. Nelle arene e nelle corse di tori le tensioni fra taurini e anti hanno raggiunto livelli allarmanti, in una spirale di insulti, ma anche scontri e aggressioni, e attacchi personali alle famiglie di toreri morti incornati nell’arena. La Campagna animalista 2017 si preannuncia incandescente.

L’obiettivo è ora di arrivare all’abolizione in Spagna, cavalcando il calo di simpatia per la fiesta – i giovani al 60% sarebbero contro – e la debolezza del governo pro-corrida di Rajoy ora minoritario.

Da anni, in maniera simile alle critiche al Palio di Siena, gli animalisti chiedono la fine di questa tradizione che definiscono «barbarica». E rispetto alla carriera senese, la violenza cui gli animali sono sottoposti non è né incidentale, né non voluta. Tra le proteste più spettacolari si ricordano quelle proposte negli ultimi anni dalla Peta: la contro-organizzazione di corse di attivisti nudi. Si ripete, insomma, il conflitto fra gli elementi più folcloristici delle tradizioni europee e l’etica ambientalista/animalista che ne rintraccia l’obsolescenza e la drammaticità. Ci si chiede se sia giusto sottoporre shock psicologici e violenza fisica agli animali solo per soddisfare dei futili desideri umani.

Certamente gli animali non devono essere mai maltrattati. Ritengo che non sia però giusto tagliare i ponti con delle tradizioni secolari, di cui è nutrita la nostra storia popolare, oltre che i ricordi di ogni partecipante.

Mario Pulimanti

Ammetto di fare un po’ di fatica a capire la festa di Pamplona con tante persone che assurdamente rischiano la pelle in questa sfida in cui gli esseri umani mi sembrano molto più in pericolo degli animali. Ciò non significa che sia contrario alle manifestazioni storico-folcloristiche in cui sono coinvolti con qualche rischio uomini e animali, soprattutto quest’ultimi. Sul Palio, ad esempio, non ho alcun dubbio. Dico di più: pur non essendo senese e non avendo una contrada del cuore, lo seguo da sempre con grande interesse e partecipazione. Sono stato più volte a Siena per l’occasione. Anche in piazza, perché è da lì che il Palio si avverte in pieno, pur vedendolo appena (nonostante i senesi sostengano il contrario). In ogni caso, tranne rare eccezioni, lo seguo in televisione. E poi, come ben sappiamo, al Palio il cavallo viene prima di tutto. A lui sono dedicate le attenzioni e le eventuali cure in caso di incidente. Certamente, accettare la corrida è un po’ più difficile, visto il tipo di violenza a cui viene sottoposto il toro fino alla morte.

La corrida l’ho vista dal vivo in Spagna solo una volta, senza grande fortuna in quanto l’agonia del toro fu piuttosto lunga per l’incapacità del torero di assestare il colpo di grazia. Però non me la sento di giudicare chi la difende appellandosi a una tradizione da rispettare e mantenere viva. Insomma, pur non volendo la sofferenza degli animali, non mi schiero con gli animalisti e questo so bene provocherà tra i lettori qualche reazione indignata. Mi è già successo in passato, quando in questa rubrica difesi il circo con gli animali, convinto che un buon circense non può che avere un buon rapporto con i propri animali.

Se poi si parla di cattività, ovvero di animali obbligati a vivere fuori dal proprio habitat in gabbie o recinti, allora è un altro discorso, che vale anche per gli zoo e persino per i pesci dell’acquario di casa, ma anche per i polli che finiscono arrosto e per le chianine pronte a diventare bistecche. Meno ancora però vorrei la sofferenza degli uomini e dei bambini soprattutto. Ripeto anche questa volta che mi piacerebbe sentire parlare dei bambini come a volte sento parlare dei cani.

Andrea Fagioli