Giornali e tv di fronte al «Blue Whale», il «gioco della morte»

Caro direttore, un ragazzo di 15 anni, di buona famiglia, diligente a scuola, si è gettato dal 26° piano del grattacielo di Livorno. È un fatto eccezionale, che merita di essere segnalato, ritengo, agli psicologi perch{ in questo momento i giovani, in questo caso i giovanssimi, sono attaccati da un virus che va debellato. Per questo motivo scrivo a un giornale come «Toscana Oggi».

Mario LorenziniLivorno

Questa lettera risale al marzo scorso. Non l’avevamo pubblicata a suo tempo perché riteniamo si debba parlare con molta cautela dei suicidi soprattutto se coinvolgono minori. Ma poi una trasmissione televisiva di Italia 1, «Le iene show», e molti giornali, tra cui «La Nazione» di domenica e lunedì scorsi con paginate interne e aperture in prima, hanno riportato alla ribalta il caso di Livorno segnalato dal nostro lettore. Si tratterebbe, stando alle ipotesi giornalistiche, di un caso collegato al rituale «Blue Whale» («Balena Blu»), un macabro «gioco» di morte creato da menti criminali per indurre adolescenti al suicidio. Nato in Russia, avrebbe spinto oltre centocinquanta ragazzi a buttarsi giù da palazzi altissimi facendosi riprendere da altri coetanei nel momento dell’insano gesto. Il nome «Blue Whale» deriverebbe dal fatto che le balene azzurre hanno a volte tendenze suicide andandosi a spiaggiare volutamente. A condurre il «gioco» attraverso la rete sarebbero dei cosiddetti «curatori» che istigano con pressioni psicologiche i malcapitati a compiere un percorso di cinquanta giorni accettando sfide di vario tipo, comprese autolesioni, fino ad arrivare al suicidio il cinquantesimo giorno. Gli adolescenti vengono reclutati attraverso i social network.

Uno dei presunti «curatori», in Russia, è stato a suo tempo arrestato. Si tratta di un ventenne che avrebbe convinto sedici ragazzine a suicidarsi. Il fenomeno si starebbe diffondendo in varie parti del mondo e anche in Italia. Ho usato sempre il condizionale perché un margine di dubbio che il tutto sia vero rimane. A parte questo, però, non possiamo non condannare, per il modo in cui è stata realizzata, l’inchiesta delle «Iene», che nasceva appunto dall’ipotesi che anche il ragazzo livornese gettatosi nel febbraio scorso dal ventiseiesimo piano del grattacielo cittadino possa averlo fatto proprio per «il gioco del suicidio».

Un tema, dunque, tremendamente serio, che preoccupa. Ma il problema delle «Iene» è l’averlo proposto con immagini sconvolgenti degli stessi suicidi, con nomi e filmati dei ragazzi morti, con interviste alle madri o agli amici, al di fuori da ogni regola deontologica e persino dal buon senso. I genitori del ragazzo livornese, ad esempio, erano stati avvertiti? Pensate al senso di colpa che può scattare in un genitore, che ha già subito il dolore estremo del suicidio di un figlio, immaginare di non aver vigilato abbastanza sul figlio stesso, di non aver capito che un tarlo lo consumava dentro. Una cosa davvero terribile, che nessuna tv o giornale ha diritto di far balenare nella mente di un genitore.

Andrea Fagioli