Un parere sull’operato di Matteo Renzi e del suo governo

Caro direttore, non è la prima volta che scrivo sul nostro giornale; l’altra è stata per un motivo di gioia, la gioia di dire Grazie ad un parroco e ad un cardinale, oggi, è per far conoscere il mio dispiacere nel leggere l’editoriale del numero 43, che così si intitola: «Renzi paga la mancata risposta alle esigenze del Paese». Mi permetto alcune considerazioni. Il governo Renzi prese in mano la situazione in un momento difficilissimo per l’Italia in un contesto mondiale di crisi economica che è la punta di iceberg di crisi ben più gravi e profonde sempre a livello planetario: guerre, immigrati per disperazione, la famiglia sempre più in crisi riguardo soprattutto ai valori etici e cristiani che dovrebbero costituirne il «cemento vitale», almeno per chi crede. In 70 anni della nostra Repubblica, trovatemi un governo al quale sono state «battute le mani»? Io non ne ricordo nemmeno uno e personalmente ho sognato che Renzi cominciasse almeno a cambiare le cose per migliorarle, senza pretendere miracoli, ma dimostrando la chiara voglia di mettersi su questa strada. Dico umilmente, ma decisamente, che così è stato. Cito solo alcune cose. Partì con gli 80 euro agli stipendi mensili più bassi: quante persone conosco che, grazie a questo, si ritrovano in fondo all’anno 1.000 euro in più e vi assicuro che non ci sputano sopra. Una ragazza trentenne che conosco, grazie alla sua «Buona scuola», è diventata insegnante di ruolo contro ogni aspettativa fino a pochissimi anni fa. Le neo mamme godono del «bonus bebè», che da quest’anno spetta anche agli stranieri. È l’unica voce politica che ha gridato forte in Europa la necessità di venire incontro tutti insieme ai bisogni dei nostri fratelli che fuggono dalla guerra e dalla fame. Quanti morti, solo nella giornata di oggi,  in quei paesi del terrore! Nel contesto europeo e mondiale ha saputo far guadagnare all’Italia un ruolo che da tempo non aveva più, ponendosi davanti agli altri membri delle comunità con fermezza e dignità. Ma la cosa più importante di tutte è il rispetto che ha dimostrato verso chi non la pensava come lui. Sono rimasta scioccata dai toni assunti dalla campagna referendaria e non mi risulta che Renzi mai si sia abbassato a certi atteggiamenti davvero deprecabili. Ed ora ha lasciato; se n’è andato assumendosi le sue responsabilità e non cercando scappatoie, a testa alta. Da questo giornale dico: Grazie, Matteo, per aver lasciato l’Italia un po’ meglio di come la prendesti circa mille giorni fa. E qualcuno ci insegna che non sempre a chi cerca di fare il bene, si risponde nello stesso modo… mi viene in mente quella persona di cui, ho visto alla televisione, tenevi la foto sulla tua scrivania: il sindaco Giorgio La Pira. Ora se ne parla come del sindaco santo, ma allora quanto lo hanno combattuto, denigrato! A noi basta questa Parola: «Neanche un bicchiere dell’acqua che abbiamo offerto sarà dimenticato».

Anna Ciappina Piazzini

Gentile Anna, la gratitudine è una bella cosa, sempre più rara. Mi fa quindi piacere che lei si rivolga a «Toscana Oggi» ogni volta per dire un «grazie». Ricordo bene il primo caso. Non me ne voglia, ma era diverso da questo. Qui entrano in ballo valutazioni politiche e non solo personali. Sono d’accordo con lei nel riconoscere a Renzi il coraggio e la determinazione con cui ha preso in mano il Paese in un momento di grande difficoltà. Allora in molti, anche il sottoscritto, hanno sperato che riuscisse a imprimere una svolta decisiva, a partire dall’economia e dal lavoro, soprattutto di quello giovanile. Sembrava l’unico in grado di farlo. Così non è stato. Anche se, personalmente, gli avrei concesso ancora fiducia. Ma non si può negare che alle tante promesse sono seguiti pochi fatti. Alcuni li elenca lei, ma non tutti sono in positivo. Ad esempio la «buona scuola» non ha ottenuto i risultati che si proponeva. Non è un caso che l’unico ministro di Renzi non rientrato nel governo Gentiloni sia quello dell’istruzione, che forse ha pagato per tutti. Nel contesto europeo l’ex presidente del Consiglio ha sì alzato la voce (e forse ha fatto bene), ma poi è rimasto isolato. Nella battaglia referendaria i suoi toni sono stati corretti, ma lui è stato il primo a spostare il referendum dalla Costituzione alla sua persona. Anche l’uscita di scena, con un bel discorso (gli va riconosciuto), è stata parziale in quanto i suoi fedelissimi sono rimasti tutti nel governo.

Andrea Fagioli