Sul referendum troppe questioni che non c’entrano niente
La nostra Carta costituzionale, seppur ispirata da grandi «padri costituenti» di formazione cattolica (De Gasperi, La Pira , Moro, ecc.) ha una impostazione laico democratica e non «teocratica». Poco o niente hanno a che vedere – come ha detto Renzi – la riforma del Senato e la cancellazione del Cnel con le politiche di sostegno alla famiglia. Se vince il «no», a prendersi i meriti saranno Grillo, Salvini e Fratoianni che – mi pare – non rappresentino quello «spirito di fede» che dovrebbe guidare (secondo i portavoce del suddetto movimento) quanti sono impegnati in politica.
A proposito della figura del presidente del Consiglio, credo si debba riconoscere la sua coerenza tra fede e comportamento personale, come viene ben testimoniato dal suo ruolo di coniuge e padre di una bella famiglia, diversamente da alcuni che intendono difendere i valori familiari con situazioni familiari discutibili. Il referendum del 4 dicembre, si propone un esito che mette al centro, non certo la modifica dei capisaldi della Costituzione che restano invariati, ma la revisione della struttura del Parlamento che risulta il più numeroso e costoso del mondo. Con il superamento del «bicameralismo paritario», la Camera voterà la fiducia e il sostegno al Governo; il Senato avrà la funzione di rappresentanza delle autonomie locali , Regioni, Comuni, Città metropolitane.
La famiglia è e resta la «prima società umana» e per i credenti il rapporto coniugale è considerato stabile e indissolubile.
Abbiamo un brutto vizio, caro Canzani, in Italia e non solo: quando si parla di politica ci si accapiglia, si usano i toni forti, le minacce, i ricatti e molto spesso argomentazioni che non c’entrano niente con il tema in discussione. È un limite al quale personalmente non riesco ad abituarmi. Spero (o mi illudo) che almeno ogni tanto si possa ritrovare la strada del confronto pacato e pertinente. Cosa che sarebbe particolarmente utile in questo caso in cui si parla di un referendum su una riforma costituzionale e non certo di un giudizio di merito sull’operato del presidente del Consiglio, anche se lui per primo ha sbagliato a personalizzarlo con l’annuncio che in caso di vittoria dei «no» se ne sarebbe tornato a casa. Che sia stato un errore se n’è accorto lui stesso e lo dimostra la parziale marcia indietro degli ultimi tempi. Al di là di questo sarebbe importante per tutti capire fino in fondo le modifiche proposte e votare «sì» o «no» su quelle. Tenendo conto che questa volta non ci sono questioni di quorum e l’astensione, a differenza dei referendum abrogativi, non ha valore. Per cui il 4 dicembre, a parte la libertà di ognuno nel decidere cosa ritiene più opportuno, suggerirei di andare comunque a votare cercando di documentarsi meglio possibile.
Andrea Fagioli