Quando gli attentati e i morti non sono tutti uguali
Prima: Bruxelles, martedì 22 marzo. Due attentati suicidi provocano almeno 35 morti seminando panico e sgomento in tutta Europa.
Dopo: Venerdì santo, 25 marzo, in un villaggio a sud di Baghdad un attentato suicida in uno stadio miete almeno 41 vittime di cui 17 ragazzini tra i 10 e i16 anni. 27 marzo, Pasqua, a Lahore in Pakistan altro attentato suicida in un parco giochi: almeno 72 i morti (in maggior parte donne e bambini) e 320 feriti.
Sommessa riprovazione nell’opinione pubblica europea. Talmente silenziosa che ho fatto fatica a sentirla.
Ha ragione, caro Dommi, le sue considerazioni telegrafiche sono perfette. Verrebbe da dire che i morti non sono tutti uguali, così come le persone. Ci sarebbero vite che valgono di più e vite che valgono di meno. Almeno stando a gran parte dell’informazione. È vero che tra i criteri di notiziabilità, cioè di cosa faccia o non faccia notizia, c’è anche la prossimità, la vicinanza. È chiaro che siamo più interessati a quello che ci accade intorno piuttosto che a quello che accade dall’altra parte del mondo. Ma questo non può giustificare «disattenzioni» di questo tipo in un mondo tra l’altro globalizzato dove le distanze sono di fatto annientate. Anche su un tema ben diverso da quello del terrorismo, la nostra informazione ha mostrato gli stessi limiti. Mi riferisco alle tredici ragazze morte nel recente e tragico incidente stradale in Spagna. In Italia abbiamo parlato solo delle sette italiane e nella nostra regione solo delle tre toscane. C’è il rischio che anche così si finisca per dare un peso diverso alla vita. Eppure anche quella delle sei ragazze non italiane è una vita spezzata nel fiore degli anni. Pretendiamo che si ragioni in termini europei e poi ci dimentichiamo che in quel maledetto pullman c’erano cinquantasette giovani di ventidue nazionalità diverse a dimostrazione che l’Europa, almeno per loro, è una.
Tornando alle questioni legate al terrorismo, c’è da ricordare anche le quattro suore Missionarie della Carità, la Congregazione fondata da madre Teresa di Calcutta, trucidate in Yemen insieme ad altre dodici persone e di cui i media, ad eccezione di quelli cattolici, non hanno parlato. A ricordarci cosa avviene nel mondo c’è per fortuna la voce autorevole (purtroppo non sempre ascoltata) di Papa Francesco che anche di recente ha ribadito che «i cristiani perseguitati nel mondo sono i nostri martiri di oggi e sono tanti, possiamo dire che siano più numerosi che i primi secoli. Auspico che la comunità internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspico veramente che la comunità internazionale non volga lo sguardo da un’altra parte».
Andrea Fagioli