Non possiamo rinunciare alle domeniche e alle festività
Caro direttore, Vienna si conferma la cittá nel mondo con la migliore qualità della vita. Complimenti! Forse perché a Vienna e in Austria la domenica e i giorni festivi i negozi e i centri commerciali restano chiusi. Dovrebbe essere un modello anche per l’Italia! La domenica come giorno non lavorativo comune è un segno del fatto che non siamo solo lavoratori e consumatori. Nella nostra società la domenica è il regolare giorno libero comune, il giorno del tempo libero e del riposo, dell’incontro, della famiglia e della comunità: giorno della riflessione, della funzione religiosa e della festa, dei diversi impegni al di fuori di produzione e consumo. Noi sicuramente non abbiamo bisogno di negozi aperti la domenica e nei giorni festivi. Sei giorni a settimana per fare acquisti sono più che sufficienti. Se non ci riusciamo più, vuol dire che c’è qualcosa che non va. La domenica e i giorni festivi costituiscono un valore irrinunciabile. Noi tutti siamo chiamati a riscoprirli, a tutelarli e a rispettarli maggiormente e con convinzione. L’Austria ha conservato anche tutte le principali festività religiose. Invece in Italia purtroppo molte sono state abolite (Corpus Domini, Ascensione, San Giuseppe, ecc..). L’Italia, sul cui territorio vive il Santo Padre e si trova il Vaticano, ha un ruolo fondamentale nel mondo come centro della cristianità cattolica. Proprio per tale questo l’Italia necessita di giornate festive per le celebrazioni religiose più di qualsiasi altra nazione nel mondo.
Paul Berger
Ringrazio Paul Berger che, intuisco dal nome, conosce bene la realtà austriaca, ma conosce bene anche la nostra abitando in Italia. Tra l’altro, la sua riflessione è talmente condivisibile che non posso che sottoscriverla. Sul piano pratico, sei giorni per fare acquisti sono più che sufficienti. La domenica e i giorni festivi possiamo dedicarli a ben altro. Per i cristiani, poi, la domenica è in senso letterale dies dominicus, il giorno del Signore, diretto erede, pur differenziandosi, del sabato ebraico. Nelle società cristiane fino a qualche tempo fa il problema del lavoro festivo, come spiegava l’economista Pierangelo Mori su queste pagine, era stato affrontato in modo semplice: la domenica e le festività sono giorni di riposo dal lavoro per consentire le pratiche religiose, ma anche, e non secondariamente, le attività di relazione, in primo luogo con i propri familiari, che arricchiscono l’uomo e fanno parte della sua essenza. Eccezioni erano ammesse per garantire i servizi essenziali (ospedali, trasporti, ecc.), ma non hanno mai riguardato il commercio. Da qualche anno la prassi è cambiata e anche in Italia si sono diffuse le aperture festive degli esercizi commerciali, tra l’altro con maggiori costi aziendali dovuti agli straordinari. Per cui più che i guadagni è stata la concorrenza a indurre gli operatori a superare il punto di equilibrio tra costi e benefici individuali. Tra le perdite c’è ovviamente il benessere sociale.
Andrea Fagioli