Il Sinodo e il bambino che divide l’Ostia con i genitori divorziati

Caro direttore, considerata la «posta in gioco» (Gesù stesso – Gesù Eucarestia!), posso pensare che un Padre sinodale favorevole a dare la Comunione alle persone divorziate e risposate civilmente (non ho niente verso le persone divorziate, qualcuna a me vicina e cara), abbia insegnato al bambino a fare così, spezzare l’ostia e darla ai genitori divorziati risposati, senza nulla togliere per questo alla bontà del bambino. Spezzare l’ostia è un gesto semplice e profondo, pieno di significato, che fa solo un sacerdote. Così il Padre sinodale, riportando il fatto, ha fatto colpo non solo su tutta l’Assemblea e sui Padri sinodali, ma anche sui media che lo hanno riportato e amplificato, dando così forza a quelli favorevoli a dare la Comunione ai divorziati risposati.

Giovanni ManecchiaGhezzano (Pi)

Caro Manecchia, la sua lettera è stata scritta prima della conclusione del Sinodo di cui non poteva, ovviamente, prevedere l’esito. Adesso però sappiamo che i padri sinodali non si sono fatti condizionare da questo episodio perché il punto specifico sulla pastorale dei divorziati risposati, pur approvato, è quello che ha avuto il maggior numero di voti contrari. Ma l’importante, come si dice nel testo dei vescovi, è che «i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane…. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle», e «la loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate». Un cattolico divorziato e risposato civilmente intravede quindi (come si dice nel primo piano di questa settimana) uno spiraglio perché, dopo un attento discernimento, possa tornare ad accostarsi all’Eucarestia per alimentare la sua vita di fede. Personalmente lo trovo giusto. E la storia del bambino che condivide l’Ostia con i genitori mi sembra bella a prescindere.

Andrea Fagioli