Il disegno di legge per riaprire le «case chiuse»
Gentile direttore, trovo veramente singolare che in un Paese ancora alle prese con una contingenza socio-economica infelice per l’alto tasso di disoccupazione soprattutto giovanile, con un livello di pressione fiscale medio sempre più insostenibile, con un’assenza di attenzione ad una politica in favore della famiglia tradizionale, ma anzi con l’auspicio di favorirne a breve improprie clonazioni, il nostro Parlamento ritenga prioritario dibattere intorno alla revisione della legge Merlin, facendo registrare un ampio e trasversale consenso intorno all’ipotesi della riapertura delle case chiuse.
Ritengo assolutamente inaudita l’ipotesi che il mercimonio del corpo della donna e per analogia anche quello maschile venga considerato fonte di reddito da regolamentare; non si concorre a mio avviso a risollevare il prodotto interno lordo del Paese mortificando la dignità umana.
Corro volentieri il rischio di essere minoritario sul punto, ma dico con estrema sincerità che nessun partito che in sede di eventuale reintroduzione della case chiuse fosse favorevole , potrebbe aspirare ad ottenere il mio consenso, perché anche le questioni eticamente sensibili costituiscono elemento di valutazione pubblica e non possono essere relegate nell’ambito di valutazioni meramente individuali.
Ripristinare la case chiuse partendo dall’assunto che comunque la prostituzione esiste ed è bene toglierla dai marciapiedi significherebbe a mio avviso prestare il fianco a valutazioni eticamente relativiste che già hanno visto introdurre nel nostro ordinamento giuridico l’aborto e potrebbero magari essere prodromiche alla legalizzazione dell’eutanasia.
Daniele Bagnai
Grazie, caro Bagnai, per aver richiamato l’attenzione su questo disegno di legge a firma delle senatrici Maria Spilabotte e Monica Cirinnà (entrambe del Pd) presentato in Senato nel dicembre scorso, di cui ancora non è iniziato l’esame, ma che è stato, come suol dirsi, «assegnato» già da un paio di mesi. Questo vuol dire che è partito ufficialmente l’iter per il tentativo di riaprire le case chiuse. Il disegno di legge, infatti, chiede questo anche se lo fa ipocritamente e in modo contraddittorio parlando nel primo articolo di «Misure per la prevenzione del fenomeno della prostituzione e per il reinserimento sociale». Mentre poi dedica l’articolo 5 alle «Modalità di autorizzazione all’esercizio della prostituzione» per il quale è sufficiente la comunicazione d’inizio attività alla Camera di commercio, corredata da un certificato di idoneità psicologica e la ricevuta del pagamento anticipato di 6 mila euro «per l’esercizio full-time» e di 3 mila «per l’esercizio part-time».
Andrea Fagioli
Credo siano sufficienti questi virgolettati per capire il senso di questa proposta. Ma se poi volessimo un ulteriore esempio dell’assurdità e dello squallore basterebbe segnalare che l’articolo 4 ci erudisce persino su cosa sia, per chi non lo sapesse, la prostituzione: «L’attività di prostituzione consiste nel mettere a disposizione di terze persone e a fine di lucro il proprio corpo per il compimento di atti sessuali». Certo che detto così…. A questo punto ci aspettiamo che in sede di esame venga aggiunta anche la definizione del «cliente». Così diamo dignità anche a lui!