I luoghi di Terra Santa e l’unità dei cristiani

Caro direttore,presento a lei e al giornale questa riflessione-appello, adatta a pochi giorni di distanza dalla settimana in cui si riflette e si prega di più perché i cristiani siano uniti.

Lo spunto mi è stato offerto dal racconto e dalle impressioni di un caro collega di recente in viaggio in Terra Santa, impressioni confermate anche da altre persone pure loro pellegrini in Israele. Tra le molte emozioni, i tanti eventi e incontri positivi e toccanti di cui riferivano, esiste il grande cruccio e l’amaro disappunto della assurda, anacronistica e piccina condizione che si vive presso il Santo Sepolcro. Lì, la non unità dei cristiani regna da molti molti anni in modo tangibile, resiste a tutte le settimane di preghiera e offre al cercatore di Dio (di qualsiasi chiesa) un sorso dello stesso fiele che fu dato a Gesù sulla croce.

In quel luogo ove tutti i cristiani dovrebbero gioire, uniti e rispettosi per l’evento che dà ragione della nostra stessa fede, l’inevitabile disagio dei luoghi molto frequentati è senz’altro superato dalla tristezza e dallo squallore della divisione tra cristiani di varia appartenenza. Gesti dispettosi, orari di preghiera divisi al secondo, costruzioni e muri divisori, dispetti organizzativi, litanie urlate per superare gli uni gli altri, tutto questo teatro mi sa proprio di relitto di una storia passata e proprio lì tristemente non superata.

L’appello è che mediante il vostro-nostro giornale questa piccola voce passi e cresca in modo che chi può si faccia promotore, lì e presto, di un cambio di rotta. È tempo che un consesso autorevole di persone cristiane trovi il modo di offrire al mondo diviso non un ulteriore (e grottesco) scandalo ma un piccolo focherello di speranza e di condivisione nei luoghi dove la speranza si è offerta per tutti.

Giovanni Casini

Caro Casini, innanzitutto la ringrazio per quel «vostro-nostro giornale». Mi fa molto piacere che i lettori considerino Toscana Oggi come qualcosa di loro. Vuol dire che siamo in sintonia e che il nostro modesto lavoro raggiunge lo scopo. In sintonia lo siamo anche per l’attenzione alla Terra Santa, là dove tutti siamo nati. È vero, c’è grande rammarico per quello che succede a Gerusalemme alla Basilica del Santo Sepolcro, ma anche alla Natività a Betlemme, dove vige il cosiddetto Statu quo (che riguarda anche la Tomba della Madonna a Gerusalemme).Lo Statu quo nei santuari di Terra Santa, specialmente nel Santo Sepolcro, determina i soggetti della proprietà e più concretamente gli spazi, gli orari, i tempi delle funzioni, gli spostamenti, i percorsi e il modo di realizzarle. E guai a chi sgarra.

La prima volta che andai in Terra Santa, arrivando all’ingresso della Basilica del Santo Sepolcro, mi meravigliai per una vecchia scala a pioli di legno appoggiata alla monofora destra che sovrasta l’ingresso. Mi dissero che era lì dal 1854 e che nessuno la poteva togliere. Infatti c’è ancora e la chiamano «la scala inamovibile». A conferma mi è capitato di vedere una stampa ottocentesca, appunto, dove quella scala effettivamente c’era già. Per spostarla dovrebbero mettersi d’accordo tutti coloro che officiano il Santo Sepolcro (Latini, Greci, Armeni, Copti e Siriani), ma non lo faranno, proprio per la paura che sia rimesso in discussione ciò che è fissato da secoli.

Raccogliamo quindi e rilanciamo il suo appello, caro Casini, convinti che non sarà facile andare contro la storia. Ci sostiene però un profeta del dialogo e un innamorato della Terra Santa come Giorgio La Pira e il suo sperare contro ogni speranza. In questo senso, vorrei pensare che i cristiani a cui sono affidati i luoghi santi siano mossi soltanto da un po’ di sana «gelosia» per quelle pietre che testimoniano la vita, la morte e la resurrezione di Nostro Signore.

Andrea Fagioli