Il Sinodo e la Comunione ai divorziati risposati
Non le chiedo un parere. Riporto solo, per motivi di spazio, alcuni passaggi del lungo paragrafo 29 della Sacramentum caritatis di Benedetto XVI del 22 febbraio 2007. Non siamo quindi a trentatré anni fa. Dice Benedetto XVI: «I Pastori, per amore della verità, sono obbligati a discernere bene le situazioni, per aiutare… Il Sinodo dei Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata e attuata nell’Eucaristia…».
Benedetto XVI continua: «I divorziati risposati…. continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue…. nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la partecipazione alla Santa Messa, pur senza ricevere la Comunione, l’ascolto della Parola di Dio… la preghiera…. la dedizione alla carità… l’impegno educativo verso i figli… fondamentale punto d’incontro tra diritto e pastorale è l’amore per la verità…». Continua Benedetto XVI: «Infine… la Chiesa incoraggia questi fedeli a impegnarsi a vivere la loro relazione secondo le esigenze della legge di Dio, come amici, come fratello e sorella; così potranno riaccostarsi alla mensa eucaristia…».
C’è chi dice che non si tratta di cambiare la dottrina ma solo la pastorale sull’accesso all’Eucarestia, Ma nella Chiesa dogma e pastorale non possono essere separate. Dice Joseph Ratzinger: «… pastorale e dogma s’intrecciano… è la verità di Colui che è a un tempo “Logos” e “pastore”…». Gesù Buon Pastore è anche il Logos, il Verbo eterno di Dio. Non è possibile separare la misericordia dalla verità. Le parole di Benedetto XVI (e di San Giovanni Paolo II) per essere ben comprese vanno comunque lette per intero.
Caro Manecchia, condivido che non si possa ridurre il Sinodo sulla famiglia alla sola questione della Comunione ai divorziati risposati, anche perché, come si dice nel primo piano di questa settimana, il Sinodo deve avere uno sguardo mondiale e la questione della Comunione ai divorziati risposati, indubbiamente presente alla riflessione dei vescovi, è molto sentita qui da noi, ma sicuramente lo è molto meno in altre parti del mondo. Da noi si sfrutta la questione anche per scalzare la Chiesa su certi temi cercando di dimostrare una sua arretratezza rispetto ai cambiamenti avvenuti nella società. Accade in questo caso e accade, ad esempio, per le convivenze omosessuali, che rappresentano un microfenomeno rispetto al fenomeno sociale vero delle convivenze in generale. Lo spiegava bene in un’intervista, la scorsa settimana, il presidente emerito della Corte costituzionale, Ugo De Siervo.
Ciò non significa, ovviamente, che non si debba attenzione ai divorziati, soprattutto a chi il divorzio lo ha subito, così come non si debba attenzione alle convivenze tra uomo e donna, magari con figli, e rispetto per chi ha tendenze omosessuali. L’attenzione e l’accoglienza sono doverose. La Chiesa deve essere accogliente e lo deve essere senza compromettere la propria dottrina. Ma se cambia la situazione, così come è cambiata quella della famiglia, non può non tenerne conto. Anche per questo «la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi – come ha detto Papa Francesco nella famosa metafora della Chiesa ospedale da campo – è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli». Da qui la necessità di quelle che vengono definite «scelte pastorali coraggiose».
Andrea Fagioli