Le presunte interviste di Scalfari al Papa

Gentile direttore, per l’ennesima volta Eugenio Scalfari ha stravolto il colloquio con il Papa facendogli dire ciò che lui non aveva detto, tradendo in questo modo la sua fiducia. Apprezzo il desiderio di Papa Francesco di dialogare con tutti, ma in molti ci domandiamo se non fosse il caso di esigere la revisione del testo prima della pubblicazione. È ormai evidente che lo «scaltro» Scalfari, anche quando colloquia con il Papa, non dimentica che per un giornalista è spesso più importante lo «scoop» piuttosto che la verità.

G.Carlo Innocentiindirizzo email

Il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha già chiarito con una nota che il colloquio del Papa con Eugenio Scalfari, pubblicato da «Repubblica», come per i precedenti, «non si può e non si deve parlare in alcun modo di intervista nel senso abituale del termine». E ciò che «Scalfari attribuisce al Papa, riferendo “fra virgolette” le sue parole, è frutto della sua memoria di esperto giornalista, ma non di trascrizione precisa di una registrazione e tantomeno di revisione da parte dell’interessato, a cui le affermazioni vengono attribuite». Per cui «le singole espressioni riferite, nella formulazione riportata, non possono essere attribuite con sicurezza al Papa». «Ad esempio e in particolare – sottolinea Lombardi – ciò vale per due affermazioni che hanno attirato molta attenzione e che invece non sono attribuibili al Papa. Cioè che fra i pedofili vi siano dei “cardinali”, e che il Papa abbia affermato con sicurezza, a proposito del celibato, “le soluzioni le troverò”». «Nell’articolo pubblicato su “Repubblica” queste due affermazioni vengono chiaramente attribuite al Papa, ma – curiosamente – le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono chiuse. Semplicemente mancano le virgolette di chiusura… Dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui?». Fin qui padre Lombardi.

Io vorrei aggiungere, caro Innocenti, che in questa fase, Scalfari, più che lo «scoop» metta in evidenza il suo ego pronunciato. In queste «interviste» più che lui ad «intervistare» il Papa sembra quasi il contrario. Ciò non toglie, soprattutto in quest’ultima occasione, che il grande vecchio del giornalismo italiano cominci a mostrare, nel suo non credere, segni di cedimento: «Debbo dire – scrive Scalfari – che oltre all’estremo interesse di queste conversazioni, in me è nato un sentimento di affettuosa amicizia che non modifica in nulla il mio modo di pensare ma di sentire, quello sì». Presumo, infine, che Papa Francesco e i suoi collaboratori siano senz’altro coscienti del «rischio» che corrono in certe circostanze e in qualche modo lo accettano. Fa parte anche di una nuova strategia di comunicazione. Non è un caso che anche le interviste vere, quelle con tanto di registratore, vengano rilasciate ai giornali laici e non a quelli cattolici.

Andrea Fagioli