Sono realmente «d’oro» alcune pensioni?

Caro direttore, ti scrivo per una riflessione sulle pensioni d’oro. L’argomento è di solito trattato dai media con superficialità e non solo da loro, vedi posizione assunta da Yoram Gutgeld. Di ogni erba si fa un fascio: è vero che vi sono casi clamorosi ma è anche vero che vi sono tanti pensionati che hanno una posizione Inps sulla quale sono stati versati contributi rilevanti, e di importo tale,  la cui disponibilità investita oggi  in titoli di stato garantirebbe loro rendite superiori all’assegno mensile che  ricevono. Sono pensioni che per lo più  fanno riferimento a soggetti che sono stati percettori di reddito fisso e che hanno sempre pagato durante il periodo lavorativo tributi elevati e che li pagano tuttora senza godere di agevolazioni in campo sanitario. È opportuno rilevare che le capacità di acquisto iniziali del cd pensionato d’oro si sono poi ridotte nel tempo per effetto della svalutazione e per il  fatto che le conseguenti rivalutazioni sono state poche e di importo modesto.

Ciò premesso non si può essere contrari all’aumento di aliquote destinate a combattere la povertà. Osservo però che non possono essere colpiti solo i pensionati ma semmai tutti coloro che hanno un reddito superiore ai 90.000 euro annui. Il nostro sistema fiscale deve essere una grande espressione di solidarietà e non una fonte continua di ingiustizie. E non mi riferisco solo alla dilagante evasione ma anche a quel sistema che consente di eludere la tassazione progressiva.

Faccio un esempio banale: un pensionato con un modesto assegno mensile, ma che è detentore di buone disponibilità finanziare che fruttano rendite con ritenuta fiscale alla fonte a titolo di imposta, può disporre annualmente di introiti superiori a quelli riconosciuti ai detti pensionati d’oro. Si potrebbe proseguire elencando tante altre situazioni particolari. I sacrifici si possono richiedere, anzi vanno richiesti  per combattere la povertà e le diseguaglianze, ma con equità, non colpendo nel particolare quelle categorie che non hanno più capacità e forza contrattuale perché in questo caso si viene a compiere non solo un atto ingiusto ma anche poco coraggioso.

Un pensionato indignato

Pubblichiamo questa lettera senza firma, perché ci è stato chiesto di ometterla, ma non si tratta di una lettera anonima: l’autore è a noi noto. Precisato questo, ritengo non ci sia niente da dire sui diritti acquisiti da parte di chi nella vita lavorativa ha pagato tributi elevati e per di più lo ha fatto da dipendente con reddito fisso. Da dire c’è semmai su chi questi diritti li acquisisce con pochi tributi: penso ad esempio ai parlamentari, che pagano un’inezia rispetto a quello che poi percepiranno con la pensione. Ma non sono i soli. In questo senso ho l’impressione che siano ancora troppe le pensioni da diverse migliaia di euro al mese che non hanno alcun nesso economico con i versamenti effettuati, anche se questo non giustifica che tutte le volte che c’è da intervenire sui conti pubblici si finisca per toccare le pensioni. Che in Italia quindi ci sia bisogno di equità è fuori discussione, così come non c’è dubbio che l’evasione fiscale sia uno dei nostri mali maggiori, non solo da un punto di vista etico, ma anche economico.

Andrea Fagioli