L’approssimazione nelle notizie e le notizie approssimative
Caro direttore, da anni vivo nel Monastero di Santa Marta in Firenze. Giovedì scorso si è purtroppo consumata una tragedia nell’antica struttura. Un operaio, esperto e attento, è precipitato da una impalcatura, per un’incredibile somma di fattori, morendo sul colpo.
È stato un momento davvero difficile, che ha sconvolto abbadessa e monache, oltre che chi ti scrive. È cominciata la terribile sequenza di arrivi: polizia, Asl, la scientifica, e soprattutto i familiari del lavoratore caduto. Non ci aspettavamo il comportamento dei giornalisti: cercavano di penetrare all’interno del Monastero, di clausura femminile, da tutti i varchi possibili; alcuni a tarda serata, al buio, si fingevano improbabili operai del Gas. Il giorno seguente, un noto quotidiano dava una versione tutta sua dei fatti: collocava il cantiere al centro del giardino, mentre si trova sul fianco occidentale della costruzione, sul crinale della collina. Si diceva che «una parte del ponteggio è crollato all’improvviso come implodendo su se stesso, e ha trascinato con sé l’operaio per una decina di metri»: a parte l’avventurosa concordanza grammaticale, ciò non risponde a verità perché il ponteggio in questione è ancora quasi interamente in piedi e c’erano altri operai vicini alla vittima, rimasti illesi. Tra parentesi, si avanza, sia pure con il condizionale, anche il nome della ditta fornitrice del ponteggio, rendendole un pessimo servizio, a indagine appena iniziata.
Infine si afferma che «l’uomo è spirato in ambulanza», mentre purtroppo non è stato spostato dal luogo della caduta e la salma è rimasta per lunghe ore sull’erba, prima del via libera per la rimozione. Possibile che un quotidiano importante, in mancanza di fonti sicure, inventi le notizie senza il minimo rispetto per la verità? Se avviene questo per un fatto di cronaca gravissimo – è ingiustificabile che si continui a morire sul lavoro nel 2013 – cosa succede in campo politico, quando ai problemi di comunicazione si aggiungono i paraocchi dell’ideologia? La questione è antica, ma vorrei che un qualificato addetto ai lavori confortasse me ed i lettori.
Elena Giannarelli
Carissima Elena, giustamente tu parli di «questione antica». Infatti, quello che tu hai sperimentato direttamente è un qualcosa che purtroppo si ripete spesso nel mondo della comunicazione quando si raccontano fatti di cronaca. Non sempre c’è la malafede, beninteso. A volte la colpa è del poco tempo a disposizione per le dovute verifiche (certo è che se ne fanno sempre meno). Le stesse agenzia di stampa, dalle quali generalmente partono le notizie, sono condizionate dalla concorrenza e il dovere a tutti i costi arrivare primi va spesso a scapito della precisione. Lo dico pur sapendo che la notizia di un evento non sarà mai quell’evento e nel riferirne non si potrà che arrivare alla massima approssimazione possibile secondo il proprio punto di vista. Il risultato sarà sempre una verità relativa. Ma se non esiste l’obiettività, certamente esiste l’onestà. Purtroppo quello della comunicazione (parlo volutamente di comunicazione e non di informazione) è un mondo drogato, che quando va oltre la cronaca rischia di trasformare l’approsimazione in giornalismo a tesi: si dice e si fa dire quello che torna comodo.
Andrea Fagioli