La scelta di Benedetto /2

La lezione di Papa RatzingerCaro direttore, con le sue dimissioni, Papa Benedetto ha compiuto uno degli atti più moderni della storia contemporanea. La risposta sintetica a diversi problemi, con insieme la dichiarazione forte che il Papato è missione, non potere, e che la Chiesa non la si governa, ma la si serve. Qualcuno, come il Cardinale di Cracovia, Dziwisz, obietterà che non si scende dalla Croce. Eppure anche nel gesto del Papa si può intravedere un altro percorso lungo la via del Golgota, non priva certamente di una grande dolore. Papa Giovanni Paolo II, con il suo vangelo della sofferenza, ha fatto magistero anche con il suo silenzio. Ratzinger, tanto diverso quanto eppur in sintonia col predecessore, sapeva di non possedere né la mediaticità, né il favore dei giornalisti, per cui la sua sofferenza avrebbe avuto ben altro impatto. Con l’aggravarsi delle miriadi di questioni di cui ogni giorno deve occuparsi il successore di Pietro, che non sono certo minori a quelle dei più grandi Capi di Stato. Per cui servono forza e lavoro, assieme ad uno slancio missionario che completi l’opera di apostolato, consistente nel viaggio all’incontro dell’Uomo. E di tappe ce ne sono ancora tante da percorrere, a cominciare dall’Oriente, la Cina, il mondo russo-Ortodosso, le Americhe. E poi i temi dei giovani, della liturgia, del relativismo. Personalmente fin dal primo giorno mi colpì la grande umiltà del teologo Ratzinger. Umiltà e umanità che gli hanno intellettualmente permesso di scavare nel profondo della conoscenza del sacro, e di sfiorare le verità della fede con precisione e padronanza di linguaggio. E proprio l’autenticità del messaggio di Benedetto XVI, non mancherà di essere oggetto di studio nel prossimo futuro, perché è stato un Papa insieme progressista e conservatore, che ha parlato senza annacquare il messaggio cattolico. E che è riuscito a toccare più il cuore dei giovani in ricerca che di coloro che un’idea, o un’ideologia, bene o male la possedevano. Quando ero ancora uno studente di teologia, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, molte volte fui incuriosito dalla figura del teologo tedesco: molti dei miei professori però me lo sconsigliavano, in virtù dei vari Balthasar, Rahner. Che andavano per la maggiore, ma che poi rileggendoli, con rispetto, sono dei nani rispetto al futuro Benedetto XVI. Il problema è che molti non hanno compiuto, forse, lo sforzo di capirlo. Anche in molti Episcopati. Uno sforzo davvero piccolo, per la grande semplicità del suo linguaggio. Con il suo insegnamento Ratzinger è riuscito a conciliare la tradizione della Chiesa con la modernità, e il sacro con la legittimità della domanda scientifica. Oggi è chiaro che senza radici non vive l’albero: non lo era così prima del 2005. La tradizione della Chiesa non è materia superflua: è vita vissuta intrisa di significato. Ma soprattutto il messaggio della buona Novella è un messaggio corrispondente alla libera attitudine dell’intelligenza umana di farsi domande, anche con i metodi scientifici. E qui nessuno meglio di lui ha potuto portare a compimento il Magistero di Giovanni Paolo II, della «Fides et Ratio». Ci sono molti sentimenti che mi legano ai due Papi, per cui scrivo con un po’ di sofferenza di loro. Posso dire però che intanto Benedetto è ancora tra noi. Quindi dovremo concentrarci ad ascoltarlo. Almeno adesso. Paolo Moschiindirizzo email Non condivido certi giornalistiGentile direttore, non condivido il modo di come vengono descritti i presunti fatti del Vaticano da parte di certi giornalisti. Insisto sui «presunti» perché nessun documento noto giustifica tutte le illazioni che si leggono sui giornal in questi giorni. Esistono problemi in tutte le istituzioni sia laiche che religiose, ma stranamente si parla solo di Vaticano e Chiesa cattolica. Tutti si guardano bene dal criticare esponenti della religione islamica per esempio e si possono comprendere le motivazioni. Sarebbe auspicabile che i giornalisti, anche per il prestigio e decoro delle loro testate, pubblicassero i fatti provati e non le supposizioni. Jacopo Cabildoindirizzo email Troppe illazioni e fantasieGentile direttore, quante illazioni sulle dimissioni di Benedettto XVI e quante fantasie sull’elezioni del nuovo Papa. Un giornalista ha chiesto al card. Piovanelli se davvero il Vaticano è pieno di «correnti»  e di congiure e lui ha risposto che «l’umanità con le sue caratteristiche c’è anche in Vaticano. Ci possono essere a volte idee e posizioni diverse e malintesi, ma non la vedo come lotta di potere, ma come la ricerca del miglior cammino comune per la Chiesa». Se veramente il Papa fosse stato circondato da nemici avrebbe potuto esercitare il Suo potere assoluto per cacciarli, invece ha espresso fiducia ai Suoi collaboratori anche di recente. Adesso si fanno nomi di cardinali «papabili» appoggiati da chissà quale corrente e si dimentica che dagli ultimi Conclavi sono sempre usciti Papa nomi imprevisti. Ivan Devilnoindirizzo email Dimissione o rinunzia?Sono un vostro abbonato che ha un quesito da porre per la rubrica «Risponde il teologo». In questi giorni è giunta, improvvisa, la clamorosa notizia che Benedetto XVI lascerà il suo pontificato alla fine di questo mese di febbraio. Senza entrare in merito ai motivi, certo importanti, che lo hanno portato a questa sofferta decisione, si sente costantemente citare, sui giornali, mezzi televisivi, interviste, dichiarazioni anche di eminenti religiosi, che trattasi di una «dimissione». Io ritengo invece che questo termine non sia esatto, ma che invece si dovrebbe usare, trattandosi del Papa, di una «rinunzia». Infatti una «dimissione», imposta o richiesta nell’esercizio di una determinata funzione, si presenta a qualcuno, e questo non è certo il caso del Papa, perché qui trattasi di un abbandono volontario di un diritto da lui acquisito, una «rinunzia» quindi. È forse una finezza linguistica, ma cosa mi può rispondere in proposito? I più vivi ringraziamenti per questa rubrica. Prof. Alberto ZampieriPisa

Diamo spazio anche questa settimana ad altre lettere e ad un altro intervento sulla rinuncia di Benedetto XVI. Come dicevo nel numero scorso, le lettere arrivate in redazione si dividono sostanzialmente tra plausi per il gesto del Papa e critiche per un certo modo di fare informazione sulle questioni che riguardano il Vaticano. Ne sono un esempio anche queste. In più, pubblichiamo qui una domanda per la rubrica «Risponde il teologo» in quanto pone una questione di interesse generale e anche perché la risposta, questa volta, non sarà affidata a un teologo ma è implicita nell’intervista al professor Pierluigi Consorti che pubblichiamo in questo numero a pagina 4. Per quanto ci riguarda, abbiamo sempre usato, nei limiti del possibile, la parola «rinuncia» e non «dimissioni».

Tornando alle critiche alla stampa, non è un caso che dalla Santa Sede sia arrivato nei giorni scorsi un severo richiamo contro ogni tentativo di influenzare dall’esterno con pressioni mediatiche il libero discernimento del Collegio cardinalizio nella prossima elezione del Papa. «È deplorevole – si legge nel comunicato della Segreteria di Stato – la diffusione di notizie spesso non verificate, o non verificabili, o addirittura false».

Intanto Benedetto XVI sta «salendo sul monte» per dedicarsi «ancora di più alla preghiera e alla meditazione». Ma senza «abbandonare la Chiesa, anzi – come ha detto nel suo ultimo Angelus –, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze». E proprio in questo momento «i Vescovi delle diocesi della Toscana e, con essi, le Chiese da loro guidate, esprimono a Lui – come si legge nel messaggio della Cet pubblicato in prima pagina – la gratitudine profonda per l’altissimo magistero espresso negli anni del suo Pontificato».

Andrea Fagioli