I cattolici tra profezia e realismo
Certo il fenomeno del terrorismo ad un livello così mostruoso, la necessità di combatterlo, i mezzi da adottare, sono problemi che non si possono affrontare con le semplificazioni e i luoghi comuni purtroppo diffusi sia in ambito interventista che pacifista. La legittima difesa contro il terrorismo è un punto fermo che deve essere accettato da credenti e non credenti. Considerare certi interventi militari come interventi di polizia è teoricamente giusto; mi domando se il caso Afghanistan con il suo corollario di ingenti distruzioni materiali, umane, morali e sociali possa rientrare in questa casistica.
C’è inoltre un però che riguarda il cristiano in quanto tale: la dimensione della giustizia non può prescindere dalla dimensione del perdono. Il S. Padre nel messaggio per la giornata della pace dice chiaramente che non vi potrà essere vera pace senza perdono. È un linguaggio duro per chi è stato colpito direttamente dalla violenza terroristica, ma il contributo che il cristiano e quindi il cattolico deve dare è nella direzione di smorzare l’odio, di fare in modo che la giustizia non diventi vendetta, rappresaglia.
Non so se il mondo cattolico, per usare la frase del prof.Rumi, stia transitando da una posizione profetico avveniristica ad una posizione più realistica. Continuo a pensare che la dimensione profetica sia stata e sia tuttora uno degli elementi fondamentali della storia della Chiesa e del movimento cattolico soprattutto di questo ultimo mezzo secolo. Uomini come don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani, padre Turoldo, padre Balducci, il prof. La Pira, mons.Tonino Bello e tanti altri, sono ormai universalmente considerati dei maestri di pace, dei profeti che ci hanno insegnato a leggere i segni dei tempi ed a sperare contro ogni speranza.