Il crocifisso non umilia nessuno
Caro Direttore,
è strano, alzo gli occhi verso la parete dell’ingresso di casa mia e mi viene spontaneo prendere carta e penna. In quella parete, attaccata ad un piccolo chiodo c’è una piccola croce ed un uomo che ha sofferto, proprio come stanno soffrendo oggi migliaia di essere umani.
Forse è perché sono di Casteldelpiano e la polemica di questi giorni nella nostra provincia riguardo ai crocifissi che devono o non devono stare appesi alle pareti di luoghi pubblici, parte dal mio paese o forse è perché il ricordo di ragazzina di quell’ospedale è quello di un grande crocifisso ai piedi del quale tante persone hanno pregato, anche disperandosi, ai piedi del quale altre persone sono passate indifferenti, senza peraltro sentire la sua presenza ingombrante e lesiva per un credo che poteva essere anche diverso.
È presente a Sarajevo, cercando di dare, con una scuola cattolica, un po’ di dignità a ragazzi cresciuti nell’orrore; è presente con Madre Teresa di Calcutta dando una carezza ed un ultimo sorriso a chi sa che deve morire; è presente con le sue missioni silenziose e sperdute in chissà quale angolo della terra, è presente…
Il crocifisso per noi è la nostra storia, la nostra cultura, il nostro credo e spero che per chi non crede, per chi non lo sente parte della propria cultura e della propria storia possa diventare un simbolo di pace e di amore.
Un simbolo di pace non umilia, non ammazza e non lede la cultura e il credo di nessun essere umano.
La ringrazio per questa bella riflessione che condivido in toto. E sono queste le argomentazioni giuste per replicare a quanti vorrebbero «scrocifiggere» (l’obbrobrioso neologismo è loro) il nostro Paese.