Invio delle truppe, decisione da rivedere
Rispetto alla situazione che si è determinata in questi ultimi giorni con i taleban in ritrirata su tutti i fronti e con il regime fondamentalista ormai allo sbando, si poteva riconsiderare la decisione del Governo e del parlamento sulla partecipazione delle nostre truppe, probabilmente non più indispensabile, forse superflua, riguardo ad una strategia bellica ormai in via di esaurimento.
Le risorse ed i costi per l’impiego di nostri soldati (si parla di uno stanziamento di oltre 2000 miliardi complessivamente) potevano invece destinarsi ad un piano di aiuti e di assistenza umanitaria, anche attraverso progetti speciali per la ripresa economica, verso le popolazioni afghane, dilaniate e stremate da conflitti ventennali.
A tale proposito era infine auspicabile promuovere una mobilitazione ed un coordinamento a livello europeo, facendo assumere all’Ue una iniziativa ed un protagonismo politico che, oltre a fronteggiare il terrorismo, fosse finalizzato a ridare valore e fiducia agli obiettivi di solidarietà e di cooperazione internazionale, per contribuire e sostenere l’avvio di un vero e duraturo processo di pace.
Ci conforta l’invito del Papa che chiama i cattolici ad una giornata di digiuno con il significato rivolto a sradicare la povertà e promuovere il pieno rispetto dei diritti umani nel mondo, a cui farà seguito un incontro di preghiera e di dialogo ad Assisi fra tutte le religioni «in particolare cristiani e musulmani» per il «superamento delle contrapposizioni e per la promozione dell’autentica pace».
Effettivamente quello che è meno comprensibile (e condivisibile) della partecipazione di truppe italiane all’operazione «Enduring Freedom» è cosa siano chiamate a fare, data anche l’ostilità conclamata dell’Alleanza del Nord verso l’utilizzo di altri combattenti stranieri sul suolo afghano.