L’«imparzialità» della Rai dell’Ulivo

Caro Direttore,l’ex-Presidente della Rai, Roberto Zaccaria, al festival dell’Unità di Livorno ha dichiarato che, durante la sua presidenza, l’azienda era «una televisione libera». Personalmente non avevo mai pensato il contrario a proposito di tale prerogativa concessa a chi veniva accettato come collaboratore. Semmai, durante la sua gestione, ho notato che spesso vi è stata carenza di imparzialità.Lo stesso Giancarlo Pansa, non certo sospetto di simpatie berlusconiane, ha fatto la stessa constatazione. Così, infatti, ha scritto recentemente (n. 31 del 1° agosto), sull’«Espresso»: «Non ci vengano a raccontare la favola di aver gestito la tivù pubblica con imparzialità e correttezza. Nei cinque anni, dal 1996 al 2001, in viale Mazzini e dintorni, hanno sempre comandato soltanto gli amici degli amici. E chi non apparteneva a uno dei tanti clan rosso-bianchi se ne poteva andare pure all’inferno delle lingue tagliate e dalle facce scomparse… Potevano gettare le basi di una nuova moralità nell’informazione pubblica». Invece, fra un girotondo e l’altro, un festival e una intervista, prosegue Pansa, «adesso piangono lacrime di coccodrillo. Poveri alligatori sdentati».Andrea JardellaLivorno Condivido le critiche di Pansa, soprattutto sull’«occasione perduta» dall’Ulivo, nei cinque anni nei quali ha avuto il controllo della Rai, di porre le basi per un modo diverso d’intendere la televisione pubblica, sia attraverso una riforma dell’intero sistema (ancora regolato di fatto dall’obsoleta legge Mammì), sia con un diverso modo di condurre l’azienda e impostare i palinsesti. Oltretutto era tra gli obiettivi del suo programma di governo. Invece si è continuato solo ad inseguire le tv commerciali nella battaglia dell’audience.Quanto poi all’imparzialità il discorso si fa più complesso, perché in un ente nel quale le reti e i tg si spartiscono da tempo in base alle appartenenze o alle simpatie politiche, è evidente che i singoli programmi risentono di questi condizionamenti. In un quadro del genere non c’è da aspettarsi sfoggi di imparzialità (e in questo senso non mi sembra che per ora la gestione Baldassarre si distingua in meglio), quanto almeno un certo pluralismo di voci: non è la stessa cosa, ma è sempre meglio che nulla.