Processo Andreotti, la «caccia» continua
Quando non c’era più bisogno dello «scudo» li abbiamo buttati tutti fra le immondizie, motivati dalla debolezza di qualcuno. Già ci provarono negli anni ’60 con Emilio Colombo e lui sfidò l’accusatore a venir in tv a presentare le sue accuse, ma questi non si fece mai vedere e tacque per sempre. Ci hanno provato anche con quel brav’uomo di Vittorino Colombo durante Tangentopoli, ma poi dovettero dichiararlo innocente. Gli accusatori non si sono sentiti colpevoli di averlo tanto gravemente debilitato moralmente da morire poco dopo? Un giorno ci provarono anche con Amintore Fanfani, ma siccome lui era «un cavallo di razza» e per di più «toscano», scalpitò a tamburo battente lasciando gli accusatori a bocca aperta ma senza né fiato né voce. E nessuno si è più riprovato. Con Andreotti gli accusatori sono di una tenacia che ha del diabolico. C’è una sentenza assolutoria e una seconda condannatoria. Aspetteremo anche la terza.
Lo abbiamo già scritto (Toscanaoggi, n. 42), ma conviene ripeterlo. Di fronte all’accanimento della magistratura che dura ormai da un decennio contro uno dei più importanti statisti della Repubblica, emerge il dignitoso atteggiamento di Giulio Andreotti, che ha seguito come uno scolaretto tutte le udienze, ha stretto pubblicamente la mano ai suoi accusatori e, pur ribadendo la sua verità, ha sempre mostrato fiducia nella giustizia italiana. Anche quando, come è accaduto pochi giorni fa, si è visto piovere addosso una sentenza paradossale che, basandosi sulle parole di seconda mano di un «collaboratore di giustizia», lo ha giudicato colpevole di aver ordinato un omicidio, rimasto però senza esecutori materiali. Per quello che è dato di sapere dall’esterno, dai due processi non è emersa alcuna prova vera di reati commessi dal senatore Andreotti nell’esercizio delle sue funzioni. Il che ovviamente non toglie che su certe azioni politiche e su certe scelte di Andreotti, negli anni in cui ha avuto grandi responsabilità per il Paese, si possa discutere e talvolta anche dissentire.