Con l’Islam dialogo inopportuno
Questa rituale celebrazione religiosa è stata ricordata dai mezzi di comunicazione con notevole dovizia di informazione. In alcuni centri del Nord Italia ha visto la partecipazione attiva anche di esponenti del clero cattolico locale. A Treviso due rappresentanti del Vescovo erano presenti nel Palazzo dello Sport concesso dalla famiglia Benetton alla chiusura del Ramadan ed hanno preso la parola con dichiarazioni a dir poco inopportune.
A Milano monsignor Alberti, in rappresentanza dell’arcivescovo, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha partecipato alla cerimonia conclusiva di questo digiuno mensile ed aveva con sé un messaggio da leggere nel corso del rito. Non gli è stato concesso la facoltà di parlare, ma solo di lasciare il testo di saluto dell’Arcivescovo milanese.
Ci domandiamo se le aperture cordiali alla religione islamica e la disponibilità al dialogo tra cristiani e musulmani ha da essere la nuova caratteristica della missione ecclesiale o della pastorale del nostro tempo. Penso proprio di no. Il mandato di Gesù a Pietro «pasce oves meas», «cura ed aiuta il mio gregge» pone chiari ed insuperabili limiti alla confusione con chi, per secoli, ha sanguinosamente lottato per estirpare il cristianesimo dalla faccia del mondo. «Se in qualche luogo non sarete accettati o peggio se vi cacceranno da esso (casa o città), lasciate soli chi vi respinge e liberate i vostri calzari e la vostra veste dalla polvere del luogo medesimo». Questo è il messaggio della Divina Sapienza del quale dovremmo tenere conto, non per spirito di vendetta o di emulativo disprezzo, ma in nome di quanti, a causa del Corano, ieri come oggi, hanno patito distruzioni, persecuzione, morte e quotidiano disprezzo: ricordiamoci dei cristiani di Indonesia, Sudan, Nigeria, Palestina, Arabia saudita e Pakistan.