Semplificazioni sulla guerra di Spagna

Caro Direttore,confesso che la lettura nella rubrica «Il Pianeta in Rosso», a firma Averardo Dini, dell’articolo: «Nefandezze di ogni tipo nella Spagna della guerra civile», mi ha un po’ sconcertato e non tanto per aver ricordato il martirio subito da migliaia di cattolici – vescovi, preti, religiosi e religiose, laici – fatto indiscutibile e tragico del secolo passato, quanto per le semplificazioni storiche riportate. La storia è sempre complessa e i fatti non si possono tagliare con l’accetta; il fronte popolare del 1936, pur con tutte le contraddizioni e i limiti, arrivò al potere con libere elezioni e il pronunciamento dei generali nazionalisti avvenne contro il governo legittimo. La Chiesa spagnola, nelle sue gerarchie, era compromessa con i monarchici e i gruppi più conservatori. Questo naturalmente non giustifica gli eccidi, ne spiega però in parte i motivi se pur aberranti.

D’altra parte le violenze dei nazionalisti non furono da meno, le fucilazioni dei «rossi» furono prassi quotidiana e continuarono per tutta la durata della guerra (è nota la fine del poeta Garcia Lorca) e anche dopo e non è di consolazione il fatto che ai condannati prima dell’esecuzione venisse offerta la possibilità di «pentirsi» e accedere ai «conforti» religiosi; le uccisioni da parte dei nazionalisti avvenivano in nome della fede e ben pochi vescovi e sacerdoti alzarono la loro voce contro questa strumentalizzazione indecente.

Averardo Dini scrive che gli piange il cuore dalla vergogna per quei gruppi d’italiani che accorsero in difesa della repubblica spagnola. Come è noto quegli italiani erano fuorusciti e perseguitati dal fascismo italiano che ritennero loro dovere combattere contro l’affermazione del fascismo spagnolo. Furono molti di più gli italiani mandati «volontari» da Mussolini a combattere contro la repubblica unitamente ai camerati nazisti che si distinsero tristemente per il bombardamento a tappeto della città basca di Guernica. Se deve piangere il cuore per la vergogna, deve piangere per tutte le violenze che ci furono da ambo le parti, per il milione di morti, per la miseria, le ingiustizie, le repressioni che la Spagna ha subito fino a poco più di venticinque anni fa quando finalmente poté diventare un paese democratico.

Concludendo vorrei consigliare la lettura de «I grandi cimiteri sotto la luna» di Bernanos, il grande scrittore cattolico francese che parla appunto da contemporaneo di quelle vicende spagnole; penso che possa aiutare ad avere una visione più equilibrata di quella immane tragedia. Carlo Giuseppe Rogani Siena Il Papa il 7 maggio 2002 – in pieno Anno Santo – nel corso di una solenne cerimonia ecumenica volle ricordare «gli eroici testimoni della fede che nel corso del XX secolo hanno pagato con la vita la loro fedeltà a Cristo e il loro amore ai fratelli». Cristiani di ogni confessione religiosa, vittime di spietate dittature di segno diverso: «comunismo, nazismo, idolatria dello stato e della razza». Il ‘900 è stato il secolo che registra il maggior numero di cristiani uccisi in odio alla fede: per questo possiamo parlare di «un pianeta in rosso» perché segnato dal sangue innocente di tanti credenti.La Spagna si colloca a pieno titolo in questa «geografia del martirio». Durante la guerra civile (1936-’39) furono migliaia e migliaia i cattolici di ogni ceto e condizione uccisi. Moltissimi indiscutibilmente in odio alla fede. La Chiesa li ha beatificati dopo un lungo processo e quando le mutate condizioni politiche della Spagna non permettevano alcuna strumentalizzazione. Solo nel 2001 ben 223 tutti di Valenza; nel 1997 era stato beatificato, tra gli altri, Ceferino Gimenez, detto Il Pelé, primo beato zingaro, uomo semplice e povero ma forte nella fede. Ricordarli è debito d’amore, ammirarne il coraggio un’occasione per riflettere sulla nostra vita di fede, spesso così accomodante. Questo è l’intento con cui don Dini cura settimanalmente la rubrica «Il pianeta in rosso», senza peraltro pretese di ricostruzioni storiche. Il discorso infatti si articola e diventa più complesso quando si analizzano le cause, anche remote, che portarono a questa guerra civile. Si inseriscono qui le osservazioni del nostro lettore che evidenziano le responsabilità delle classi dirigenti spagnole e della stessa Gerarchia ecclesiastica e ricordano la crudeltà dei «crociati» nazionalisti non certo inferiore a quella dei «rossi». Sono precisazioni condivisibili perché storicamente (e dolorosamente) vere. La guerra di Spagna si caratterizzò per una violenza diffusa, che segna purtroppo ogni guerra civile. Come pure non può essere equivoco il giudizio sul regime franchista. La Spagna conobbe un governo di tipo fascista con le durezze e le negatività tipiche di ogni dittatura, anche se alcuni evidenziano che il generale Franco – diversamente da Mussolini – seppe tener fuori il Paese dalla II guerra mondiale e che con la nomina del principe Carlo di Borbone, l’attuale re, a suo successore, aprì la strada – certo al di là delle intenzioni – al ritorno della democrazia, anche se la legittimazione della monarchia avvenne poi con un referendum popolare.