La Costituzione è davvero sovietica
Tutti gli studiosi seri della nostra Carta Costituzionale hanno sempre riconosciuto lo straordinario contributo di idee e di progettualità che i costituenti cattolici, tra i quali in primo luogo i cosiddetti «professorini» (La Pira, Lazzati, Dossetti, Fanfani…) portarono alla sua stesura. Certo, i punti di partenza tra le tre grandi aree culturali di allora, quella cattolica, quella liberale e quella marxista, erano molto distanti, assai più di quanto non lo siano adesso. E il dibattito sia nelle varie Commissioni che in Assemblea fu ampio e a volte anche aspro. Alla fine, però, come ha scritto il costituzionalista Ugo De Siervo, «Ciò che veramente distinse quell’esperienza fu un eccezionale senso di responsabilità delle forze politiche nella ricerca di un risultato da tutti accettabile, con ogni probabilità frutto delle durissime lezioni della storia da cui tutti erano freschi reduci e della conseguente volontà di ricostruire davvero una solida casa comune». Le basi di questa «casa comune», proprio grazie al lavoro intelligente di quei costituenti cristiani, che seppero dialogare efficacemente con gli altri (basti pensare all’ordine del giorno di Dossetti sui «valori comuni di fondo», che pur non approvato influenzò i lavori), sono saldamente fondate nel «personalismo comunitario», al punto che la nostra Costituzione può essere considerata come una delle più innovative e ancora oggi in piena sintonia con il magistero sociale della Chiesa. Casomai, in alcune parti, è rimasta a lungo inapplicata, ma questo è un altro discorso. Ma affermare, come ha fatto recentemente il nostro presidente del Consiglio, che la nostra è una «Costituzione sovietica», mi creda è davvero un’enorme sciocchezza. Del resto, basta rileggere quell’articolo 41 che non va giù a Berlusconi per capire che non c’è davvero niente di «sovietico», ma, anzi, molto di «cristiano».