Chiese poco adatte alla preghiera

Caro Direttore,ho letto su Toscana Oggi l’articolo sulle chiese moderne (n. 30 del 3 agosto). Pure io sono dello stesso parere. Anche a non essere del mestiere, ci si rende conto che un buon numero di queste ultime costruzioni ha preso spunto dalla chiesa dell’autostrada dell’architetto Michelucci, sia per i materiali impiegati, sia per una concezione ardita e rivoluzionaria. Ma di Michelucci ce n’è stato purtroppo uno solo che con la sua maestria ha potuto realizzare un edifìcio da permettere ai viandanti di partecipare alla Messa. E dove celebrarla meglio che sotto una tenda che si presenta loro come improvvisata, come un punto «di aggregazione» si direbbe oggi e di ritrovo?E così il famoso architetto, con una novità assoluta, ha concretizzato, in un capolavoro irripetibile, la sua geniale idea, rompendo con la vecchia tradizione dell’architettura sacra e racchiudendo lo spazio in una gigantesca tenda con ardite e non comuni strutture in cemento armato.Buona parte di queste chiese moderne, anche se da un punto di vista strettamente tecnico sono indubbiamente apprezzabili, come luogo di raccoglimento e di preghiera mancano alla loro funzione. Probabilmente quando si dice che queste chiese sono brutte si intende proprio riferirsi al fatto che il loro spazio interno non permette ai fedeli di trovare ispirazione e raccoglimento. Nelle vecchie chiese, a qualunque stile appartengano, il senso di spiritualità è vivo e presente. È presente nella loro verticalità e nel loro protendersi verso l’alto, nella loro penombra che predispone i fedeli al raccoglimento, al silenzio ed al rispetto, nella loro forma di croce, simbolo indelebile del cristianesimo. Questo però non vuol dire che dovendo costruire oggi una chiesa si debba per forza imitare i vecchi stili su cui è basata la tradizione dell’architettura sacra. Si può riuscire a racchiudere ugualmente uno spazio, sia pure in chiave moderna, cercando di creare raccoglimento e dare la sensazione di essere spiritualmente in una chiesa.Purtroppo credo sia il caso di dire che questa tendenza al nuovo, al diverso, a ciò che distingue è tipica del tempo moderno con il suo continuo cambiamento delle cose al punto tale che ciò che oggi è, domani è da buttare. Ben venga il moderno (inevitabile), ma con un occhio alla tradizione dell’architettura sacra, anche e soprattutto per evitare di costruire delle chiese una completamente diversa dall’altra, con il risultato di soddisfare solamente la bizzarrìa dei progettisti e non certo (e di questo sono sicuro) la maggior parte dei fedeli.Sergio BiaginiPrato

Le cose che lei scrive sono sensate, anche se certamente il problema dell’architettura sacra contemporanea è ben più complesso. Che ci sia bisogno di rimettere un po’ d’ordine in questo settore, è fuori dubbio ed è positivo – ad esempio – che la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, che ha sede a Firenze, abbia varato un apposito master destinato ai progettisti di edifici sacri. Talvolta però il problema è «a monte»: le stesse comunità non sono disposte ad investire somme ingenti e ad attendere tempi lunghi per avere la loro chiesa. Non che un alto investimento sia sinonimo di qualità, ma le nozze coi fichi secchi non si fanno…