Abolizione della preferenza e disaffezione del cittadino

Caro Direttore,hai ragion da vendere a lamentarti, come fai nell’ultimo numero del settimanale (n. 4 del 25 gennaio 2004), del degrado della politica ma è tempo che tutti coloro che hanno qualcosa da dire per evitarlo o anche semplicemente contenerlo lo dicano chiaro e forte con indicazioni precise, evitando di addossare colpe e responsabilità uguali ai due schieramenti. Che quanto a difetti ne hanno entrambi ma non sempre gli stessi. La predica generica che vuol colpire tutti finisce che non coglie alcuno. Viene incassata senza batter ciglio e messa se mai nel conto dei dirimpettai. Ho apprezzato, in questo senso, la tua critica alla decisione del consiglio regionale che vuol farci votare senza preferenze perché noi elettori saremmo ripagati, per il danno subito, dalle primarie nei partiti.

È un fatto preciso: mettiamocelo allora in testa e non ficchiamolo nel pastone delle galline notoriamente senza memoria. Non si pensi di poterlo giustificare per il fatto che sono tutti d’accordo. La volontà generale proprio perché tale ha già combinato più di un guaio. Nel caso specifico – inutile nasconderlo – si iscrive nel processo di lenta ma progressiva decadenza del sistema democratico. I partiti amano sempre meno il dibattito e c’è chi, come Forza Italia, celebra il decennale di fondazione senza aver celebrato un congresso. L’allergia ai dibattiti interni, alla scelta dei dirigenti con il voto (il metodo democratico che dopotutto la costituzione prescrive) raggiunge punte che vanno al di là del sistema americano dei partiti. Sono, quest’ultimi, contenitori nei quali il successo si misura prevalentemente – con qualche eccezione, s’intende – sui finanziamenti che i candidati raccolgono. E non risulta ci siano barboni fra i finanziatori. Ma lì almeno si vota, magari a plotoni piuttosto che individualmente, ma si vota. Da noi neppure si vota. Si applaude.

Ma torniamo alle preferenze abolite e alle liste bloccate che ne sono la conseguenza logica. Si è chiesto, il Consiglio regionale, ad esempio, se prescrivere agli elettori un voto debilitato non voglia dire che si favorisce la pericolosa disaffezione alla politica già largamente in atto? E a chi possono servire le urne sempre più disertate? Non certo ai barboni e neppure a chi sta più su di loro.Pier Antonio Graziani

Lasciare la scelta dei consiglieri regionali ai soli partiti, come si starebbe profilando in Toscana dopo l’accordo tra maggioranza e opposizione sulla nuova legge elettorale, sarebbe un grave errore che favorirebbe ulteriormente il distacco dei cittadini dalle istituzioni. Sappiamo bene che la corsa per la preferenza può essere «dopata» da ingenti risorse a disposizione o da rapporti di tipo clientelare, ma per quale motivo ne dovrebbero essere immuni le fantomatiche «primarie»? E chi ci garantisce che vengano davvero indette? E con quali regole?

Statuto e legge elettorale, Consiglio alla stretta finale