Caro Direttore,perché è così insistente e diffusa la critica alla riforma «Moratti»? Non c’è dubbio che l’avversione alla politica scolastica risenta del clima generale non certamente favorevole al Governo. Vi sono però delle ragioni specifiche di contrasto: innanzi tutto il Governo ha presentato fin dall’inizio la propria riforma come decisamente alternativa a quella di Berlinguer, salvo, poi, strada facendo, recuperarne alcuni elementi. La scuola non sopporta strappi violenti e il non aver «messo in opera» la riforma Berlinguer ha fatto perdere tre anni, lasso di tempo in cui il Governo avrebbe potuto introdurre «in itinere» correttivi e modifiche. La seconda ragione è il taglio dei fondi, che determina divaricazione tra le affermazioni del Ministro e le reali disponibilità finanziarie messe a disposizione dal Tesoro.A questi oggettivi elementi di difficoltà si aggiunge un’assenza di dialogo del ministro con sindacati e associazioni professionali della scuola.Nel merito, i punti più controversi della riforma sono: l’ingresso anticipato nella scuola materna e nella scuola elementare; il ritorno del maestro prevalente che determina la crisi dei moduli; la disarticolazione del tempo pieno, con la conseguenza di rompere l’organicità e la coerenza pedagogico-didattica; la riduzione delle ore nella media, che colpisce tra l’altro l’educazione tecnica; l’obbligo di una scelta precoce nella secondaria tra il canale liceale e il canale della formazione professionale, quest’ultima affidata alle Regioni e in gran parte da costruire.Per superare l’«impasse» sarebbe necessario: che in Parlamento si sviluppasse un serio confronto tra i due schieramenti nella consapevolezza che il sistema dell’istruzione non può essere messo in discussione a ogni cambiamento di maggioranza; che il Ministro attivasse un serio dialogo con associazioni, sindacati, Enti Locali; che non pensasse di sostituire tali articolati rapporti sociali con appelli e messaggi mediatici rivolti ad alunni e famiglie; che pedagogisti e associazioni cattoliche, collocate come sono su versanti politicamente differenziati, ma con il medesimo richiamo al personalismo, contribuissero a tener vivo il dialogo tra le parti e a trovare punti d’incontro perseguibili nell’articolarsi della vita scolastica.Giulio FabbriResponsabile dell’Ufficio scuola e formazioneMargherita-PisaLa sua lettera, caro prof. Fabbri, parte da alcune considerazioni di fondo in gran parte condivisibili. La necessità di una Riforma organica della scuola era da anni largamente sentita, ma lo spirito con cui gli ultimi Governi si sono accinti a questo compito ha irrigidito le posizioni, impedendo quel serio confronto tra forze politiche, associazioni di categoria e esperti che solo può assicurare una scuola moderna, cioè adeguata ai tempi e alle necessità, ma che contemporaneamente non cancelli le nostre tradizioni culturali. Nostalgia di consociativismo? No, ma consapevolezza che si mette mano a qualcosa di importante per il nostro futuro, che una Riforma deve durare nel tempo e che quindi «non può essere messa in discussione ad ogni cambio di maggioranza». Soprattutto perché la scuola «non sopporta strappi violenti» e continui cambiamenti. E in questi anni ce ne sono stati davvero troppi.Anche la riforma Moratti risente di questo contesto, ma ora che è legge dello Stato e che regolerà la vita della nostra scuola va analizzata e valutata nelle potenzialità e nei limiti, al di là di schematismi di comodo. I principi ispiratori personalizzazione, equità, coinvolgimento della famiglia, socialità hanno per noi una valenza positiva. Del resto fra gli ispiratori c’è il pedagogista cattolico Giuseppe Bertagna. Una riforma del genere però richiede risorse molto superiori alle reali disponibilità finanziarie, determinando già dei tagli che di fatto snaturano aspetti qualificanti o riducono servizi finora assicurati. Del resto più che sull’impianto generale è su questi aspetti che si verifica la protesta.Quindi, per molti aspetti, questa Riforma è una scommessa che va verificata sul campo e sulla scorta dei decreti attuativi. A questo proposito le sue proposte finali, caro Fabbri, mi sembrano molto opportune, anche se temo, dato l’attuale clima politico, che sia chiedere troppo!