Costituzione europea, riferimento ai valori o alla fede?

Caro Direttorela mancata citazione delle «radici cristiane» nel nuovo statuto europeo è a prima vista un effetto di un disinteresse per lo studio dei grandi movimenti di popoli ed idee che hanno determinato l’unità della cultura europea. Eppure bastava rileggere i nostri statuti comunali per scoprire come nello stesso loro capitolo di inizio si trovasse sempre il modo per riconoscere che la somma legge è quella voluta dal Creatore, scritta nella Bibbia, e insegnata da Gesù Cristo al tempo dell’impero romano. Non si vogliono fare assolutamente confronti con altre culture ma solo dire che il momento delle origini culturali e anche giuridiche dell’Europa moderna va ricercato duemila anni fa quando «venne la pienezza dei tempi». E chi sa un po’ di diritto può già trarre tante conseguenze molto, molto concrete anche nella formulazione delle leggi attuali. Si pensi al rispetto dell’uomo e al rispetto della natura e al sentimento della solidarietà (carità, dicevano i Greci)Nereo LiveraniFirenze Caro Direttoreho la consapevolezza che oggi tutti noi dobbiamo chiederci se l’Europa crede davvero di essere una multiculturale e semplicemente aggregata zona di libero scambio con un minimo di istituzioni che la regolano, oppure un unico soggetto con propri specifici principi a suo fondamento. Oggi è ancor più importante riflettere su ciò che significa Europa dal momento in cui siamo noi europei bersaglio del terrorismo islamico. Ed è quindi indispensabile avere la consapevolezza della nostra identità che ha sicuramente radici nella tradizione giudaico cristiana quanto nella civiltà greca classica. Ma la domanda a cui non riesco a dare una chiara risposta è la seguente: è davvero indispensabile scrivere sul preambolo di una costituzione la parole “radici cristiane”? Partendo dal presupposto che il cristianesimo per me non è una filosofia bensì la mia religione, ritengo che è di indubbia necessità fare espressamente riferimento ai principi civili che il cristianesimo ha insegnato a tutti noi, ma al di là di questi non vedo il perché fare riferimento esplicitamente al cristianesimo. Luca CavalliniPisa L’accordo raggiunto dai 25 Paesi il 18 giugno scorso ha dato all’Europa il suo nuovo Trattato costituzionale, anche se i risultati raggiunti appaiono inferiori agli auspici di molti. Resta comunque, come ha riconosciuto la Santa Sede, «una tappa importante nel processo di integrazione europea» ed «è motivo di soddisfazione l’inserimento nel trattato della disposizione che salvaguarda lo status delle confessioni religiose negli Stati membri», con gli obblighi che questo comporta da parte dell’Unione.Nel «Preambolo» non ha trovato spazio quel riferimento alle radici cristiane che era stato fortemente auspicato dal Papa e che fino all’ultimo alcuni Governi, tra i quali il nostro, hanno difeso. È una mancanza che delude e non per un discorso puramente confessionale. Perché se è vero che l’identità dell’Europa è stata segnata da molteplici correnti di pensiero, è storicamente indubbio che il Cristianesimo è stato la radice prima, l’humus fecondo, da cui sono scaturiti, pur con le contraddizioni che il percorso storico porta sempre con sé, «i diritti inviolabili e inalienabili dell’uomo, della democrazia, dell’uguaglianza, della libertà e dello stato di diritto», che nel Preambolo sono evidenziati – e questo è importante – ma attribuiti ad una generica eredità culturale e religiosa. Si è avuto timore a dichiararne alto e forte nome e cognome e si è preferito una «memoria sbiadita». La Francia – a cui si sono uniti Paesi, come il Belgio, un tempo «cattolicissimi» – è stata particolarmente decisa nell’opporsi ad ogni riferimento cristiano. Il motivo è che in Francia, come ben scrive Leonardo Zega, «da un secolo a questa parte si è affermata un’altra religione, che si chiama laicismo. Menzionare le radici cristiane è ritenuto un delitto di lesa laicità e chi la guida si sente vincolato dal dogma laicista che vuole religione e Chiesa relegate nella sfera privata, senza rilevanza alcuna sulle leggi che regolano la vita della nazione». Questa è la realtà, non solo francese, in cui il cristiano vive e deve operare con decisione e senza scoraggiamenti.Una costituzione europea a sesso indistinto e senza radici