I cattolici in politica stanno a sinistra o a destra?

Caro Direttore,ero intenzionato a scriverLe in merito al leader socialista spagnolo Zapatero, ed ai suoi «strappi» col mondo cattolico (facilitare l’interruzione della gravidanza, rendere meno restrittiva la procreazione assistita, regolarizzare le unioni omosessuali concedendo a queste anche il diritto di adozione, modificare la legge per rendere più difficile l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, semplificare le procedure ed i tempi per ottenere il divorzio, «no» al riferimento alle radici cristiane nella costituzione europea, ecc..), quando ho letto, sul n. 25 del 27 giugno, la sua risposta al Sig. Baccani in merito al voto dei cattolici alle elezioni europee.Lei afferma, in sostanza, che un cattolico può benissimo votare un candidato cattolico a qualunque lista appartenga e fa il nome di Lapo Pistelli, e che il suo voto ha lo stesso valore di quello dato a Carlo Casini, in riferimento, come Lei dice, «alle tematiche che stanno particolarmente a cuore al nostro mondo». È su questo punto che mi trovo in dissenso con le sue argomentazioni e cercherò di spiegare le ragioni. Quando si va a votare, nel caso specifico le elezioni europee, si vota per una determinata lista e chi lo desidera può indicare una preferenza. Il voto di lista è la cosa più importante perché è il voto alle idee, ai programmi, quello che può far vincere questa lista sulle altre, e fare ad essa attribuire un determinato numero di seggi. Il voto di preferenza serve poi per stabilire chi, all’interno della lista, viene eletto.Nel caso da Lei prospettato, Carlo Casini era un candidato dell’Udc, partito che da sempre fa proprie, nelle parole e nei fatti, le tematiche del mondo cattolico, e ciò in tutti i candidati proposti. Carlo Casini poi lo è in maniera particolare. Lapo Pistelli era un candidato di «Uniti nell’Ulivo», lista nella quale, in grande prevalenza, si portano avanti le idee di Zapatero, rispettabili ma assai diverse dalle nostre. La invito a verificare in quale punto del programma di «Uniti nell’Ulivo» sia contenuto un riferimento ai valori che ci stanno a cuore. Il fatto che un domani, in una eventuale votazione al Parlamento Europeo, l’on. Pistelli si dissoci su qualche argomento dalla posizione della stragrande maggioranza degli eletti di «Uniti nell’Ulivo», non ha un grosso significato, perché l’elettore che ha votato «Uniti nell’Ulivo» ha contribuito a rafforzare la maggioranza degli «italici zapatero» presenti in tale raggruppamento, e ciò nonostante la preferenza a Pistelli. Il motivo della non elezione di Carlo Casini, come pure di altri candidati dichiaratamente cattolici in liste che fanno chiaro riferimento ideologico al Partito Popolare Europeo (unico partito che sino ad oggi ha sempre difeso i valori cristiani nel parlamento europeo), va purtroppo ricercato nelle divisioni, nella scarsa sensibilità e nel mancato impegno di gran parte del mondo cattolico (parrocchie, associazioni, sindacato, stampa cattolica…) che, a parer mio sbagliando, ha considerato tutti allo stesso pari, non dando più particolare importanza ai valori di riferimento delle tante liste presenti, valori che, sovente, sono ritenuti secondari e superati, in un relativismo che oramai è penetrato anche fra coloro che si dicono cristiani.Marcello BardottiBarberino Val d’Elsa (Fi) Caro Direttore,in relazione alla lettera di Bruno Baccani pubblicata sul n. 25 di Toscanaoggi dello scorso 27 giugno riguardante il voto dei cattolici alle Europee vorrei fare alcune osservazioni. È indiscutibile, come lei afferma, che «oggi i cattolici sono presenti in ambedue gli schieramenti»: da una parte si trovano coloro maggiormente sensibili a temi come l’ostilità verso un qualsiasi riconoscimento giuridico per le coppie di fatto e per le relazioni tra omosessuali, il favore verso una legislazione che regolamenti in modo restrittivo o abolisca la fecondazione assistita, il divorzio e l’aborto, una politica che favorisca certe espressioni della vita della Chiesa Cattolica in Italia (riconoscimento giuridico degli insegnanti di religione, finanziamento per le scuole private etc.), l’elargizione di un contributo economico per i neonati aventi ambedue i genitori italiani; dall’altra parte si situano coloro per cui, nelle scelte elettorali e politiche, prevalgono altri temi come il rifiuto assoluto della guerra – preventiva o meno – nella risoluzione delle controversie internazionali o nella lotta al terrorismo, la difesa dell’ambiente e della carta costituzionale, l’accoglienza dignitosa verso gli stranieri o per coloro che abbandonano le proprie terre alla ricerca di migliori condizioni di vita, la tutela di una buona qualità dell’istruzione pubblica e gratuita gestita dallo Stato, l’avversione per l’immorale utilizzo dello strumento dei condoni edilizi e fiscali per sostenere il bilancio: aspetti questi che non possono essere certo definiti come «valori (…) sempre e comunque contro l’Uomo e contro la Vita». Forse non saranno temi che hanno visto il tradizionale impegno politico dei cattolici italiani ma alcuni di essi sono senza dubbio valori propri del Cristianesimo e dell’insegnamento evangelico. Affermare poi che i cattolici non votano i partiti della cosiddetta Casa della Libertà perché Berlusconi risulta «antipatico» pare offensivo non soltanto per l’intelligenza di chi legge ed è un voler chiudere gli occhi di fronte al fatto che anche un numero sempre maggiore di cattolici ritengono insopportabile e pericolosa per la vita del Paese la concentrazione di potere politico, economico e mediatico nelle mani dell’attuale presidente del consiglio. La fine della cosiddetta «unità politica dei cattolici» con la conseguente dissoluzione della Democrazia Cristiana avvenuta con la tempesta di Tangentopoli che all’epoca – è bene non scordarlo mai – scoperchiò un verminaio di vergognose corruttele, hanno fornito al mondo cattolico nel nostro Paese la possibilità di fare chiarezza al proprio interno e l’opportunità di imparare a dialogare tra appartenenti alla stessa comunità ecclesiale che maturano diverse opinioni politiche. La mia mamma, donna semplice e credente, soleva dirmi: «la politica divide, la religione unisce». Forse aveva ragione. Ma se il sentimento religioso diviene strumento di lotta politica e il crocifisso da mezzo di salvezza per tutta quanta l’umanità si trasforma in simbolo elettorale o, peggio, in corpo contundente con il quale aggredire, demonizzare, lanciare anatemi verso coloro che percepiamo come nostri avversari perché sono animati da convinzioni politiche diverse dalle nostre, probabilmente non rendiamo un grande servizio né alla Chiesa, né alla comunità civile.Stefano DommiScandicci (Fi) Nell’attuale quadro politico quale può essere la collocazione più opportuna e la preferenza elettorale per un cattolico che voglia «immettere nella massima misura storicamente possibile i valori dell’umanesimo cristiano negli ordinamenti e negli atti legislativi e amministrativi»?È una domanda che percorre e divide il mondo cattolico – come emerge chiaramente da queste due lettere e da altre precedentemente pubblicate – ed esige, a mio parere, una risposta articolata ed alcuni punti fermi.Dopo la fine della «cosiddetta unità politica dei cattolici» si sono formati, con l’introduzione del maggioritario, due poli (centro-destra e centro-sinistra) composti però da partiti anche molto eterogenei, tanto che potremmo più correttamente parlare di cartelli elettorali in grado sì di vincere le elezioni, ma con grosse difficoltà nella concreta azione di governo, come dimostrano le vicende attuali, ma anche passate. I cattolici sono presenti in ambedue i poli, sia a livello individuale sia come partiti, che fanno esplicito riferimento all’ispirazione cristiana e in questo solco si sono mossi positivamente, pur con le contraddizioni che il percorso politico porta con sé, in forma unitaria nella Dc: sono il Partito popolare, ora confluito nella Margherita, e il Ccd-Cdu che ha dato vita all’Unione dei democratici cristiani (Udc).Questa presenza in fronti diversi è di per sé legittima e come tale va riconosciuta, accettata e rispettata, perché come ribadisce una Nota della Congregazione per la dottrina della fede «sul piano della concreta militanza politica spesso sono moralmente possibili diverse strategie per realizzare o garantire uno stesso valore sostanziale».Certo in ambedue gli schieramenti, così come attualmente si configurano, le difficoltà per i cattolici sono reali anche perché operano in posizione minoritaria. Questa presenza, a cui i cattolici guardano – pur senza obblighi precostituiti – con interesse preferenziale, oltre che legittima è importante, soprattutto se capace di essere propositiva e un po’ grintosa. Come d’altra parte è di pari legittimità e importanza pensare vie alternative a questo bipolarismo che ha mancato a molti dei suoi obiettivi e dove i cattolici stanno oggettivamente stretti.L’ispirazione cristiana però non può essere generica o parziale. I valori che per un cristiano segnano e caratterizzano una società sono per così dire un insieme che non tollera selezioni di comodo. Il documento della Cei dopo il Convegno di Palermo al paragrafo 33 li elenca, alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa, e ruotano tutti intorno al primato e alla centralità della persona. E così, vicino alla tutela della vita umana in ogni istante della sua esistenza e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, si parla del consolidamento della democrazia e del giusto equilibrio tra i poteri dello Stato, dell’effettiva libertà dell’educazione e della scuola ma anche della centralità del lavoro, della giustizia sociale e dell’occupazione, della pace e della solidarietà internazionale. Cioè del bene di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.Su questi valori che andrebbero difesi e promossi con un’intelligente convergenza sembra invece che i cattolici abbiano operato o subìto una selezione, a seconda degli schieramenti in cui militano o per i quali votano, dando origine a polemiche spesso astiose, che finiscono per dividere la stessa comunità ecclesiale, quando servirebbe quell’unità che scaturisce dalla comune Appartenenza che supera tutte le appartenenze, legittime ma pur sempre relative per un cristiano. È una situazione di cui tutti sono responabili e che si supera con un impegno comune che esige prima di tutto rispetto reciproco e una ritrovata pacatezza di ragionamento ed anche di linguaggio, ma che può essere favorito dal valorizzare quegli spazi di incontro, di dibattito delle idee e di possibile discernimento che non mancano nel nostro mondo.

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