Caro Direttore,nello «Scaffale» di Maurizio Schoepflin, pubblicato sul n. 42 del 21 novembre di Toscanaoggi, leggo con sorpresa e disappunto una recensione incondizionatamente positiva del libro «Le bugie degli ambientalisti». Naturalmente ognuno è libero di pensarla come crede (ci mancherebbe)! E tuttavia si vorrebbe più equilibrio nel parlare di degrado ambientale: un problema che è comunque di estrema gravità, e come tale è anche segnalato con giusta preoccupazione dal magistero della Chiesa.In gioco, ovviamente, non è la buona reputazione degli ambientalisti (qui sommariamente accusati di «catastrofismo» e di consapevole falsificazione). Si tratta piuttosto di non offrire alibi a chi purtroppo anche nella comunità cristiana liquida con sufficienza, perché «scomode» per la propria coscienza, questa come altre grandi questioni del nostro tempo. E, se permetti, si tratta anche di non dare per l’ennesima volta l’immagine di una Chiesa sospettosa e ostile verso ciò che nasce al di fuori di sé, da una matrice ideologica diversa da quella cristiana.Francesco MichelazzoFirenzeLa rubrica «Lo scaffale» segnala ogni settimana un libro. Gli argomenti sono i più vari. Sul n. 42 del 21 nov. 2004 ne è stato presentato uno dei giornalisti Riccardo Casciali e Antonio Gaspari dal titolo volutamente provocatorio «Le bugie degli ambientalisti». «I falsi allarmismi dei movimenti ecologisti», dove si intende sfatare «gli ormai troppi luoghi comuni connessi col credo ecologista». Non ho difficoltà a riconoscere, caro Francesco, che il piglio è volutamente polemico come spesso succede quando si vuol dimostrare che «gli altri» hanno torto, mentre sarebbe preferibile una confutazione pacata e documentata, che avrebbe anche maggior effetto.Il degrado ambientale esiste e troppo spesso è determinato da interessi e negligenze. E giustamente il magistero della Chiesa impegna a salvaguardare il Creato di cui l’uomo che ne è il centro dev’essere un saggio amministratore e non un distruttore che non pensa alle conseguenze che del resto sono ormai sotto i nostri occhi. Tanti disastri naturali non sarebbero così devastanti se l’avidità umana non avesse tolto, per così dire, quei baluardi che la natura stessa ha predisposto. Ne è esempio il disboscamento selvaggio.Nella presentazione del libro, del resto, si riconosceva che il problema della difesa e della tutela dell’ambiente esiste ed è grave. Questa tutela non può però colorarsi di ideologia, diventare cioè «un credo ecologista». È questo in fondo che i due autori contestano.È fuori dubbio infatti e su questo aspetto i due giornalisti si soffermano che le previsioni sugli effetti catastrofici dell’aumento della popolazione mondiale, previsioni che, dati alla mano, non si sono avverate sono state spesso enfatizzate a sostegno di politiche di controllo forzoso delle nascite. Da queste tendenze, che non investono certo tutto il movimento ecologista, è opportuno prendere le distanze proprio per affrontare uniti un problema reale.