Guardare l’universo con gli occhi della fede

Questi studi provengono dallo sforzo collaborativo di molte nazioni e dal lavoro comune di molti scienziati. Come emergerà chiaramente da questa scuola, è solo lavorando insieme, in squadra, che potete dare un senso a tutte queste nuove informazioni.

L’universo è immenso e, man mano che cresce la nostra comprensione di esso, aumenta anche la necessità di imparare a gestire il flusso di informazioni che ci giungono da tante fonti. Forse, il modo di gestire una tale quantità di dati può dare speranza anche a coloro che nel mondo sono travolti dalla rivoluzione informatica di Internet e dei «social media». Alla luce di tutte queste informazioni e di questo enorme universo, ci sentiamo piccoli e potremmo essere tentati di pensare che siamo insignificanti. In effetti non c’è nulla di nuovo in questa paura. Più di duemila anni fa, il Salmista ha potuto scrivere: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?». Eppure prosegue: «Davvero lo hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato» (Sal 8,4-6).

Conoscere l’universo, almeno in parte; conoscere che cosa sappiamo e che cosa non sappiamo, e come possiamo procedere per sapere di più: questo è il compito dello scienziato. E poi c’è un altro sguardo, quello metafisico, che riconosce la Causa Prima di tutto, nascosta agli strumenti di misurazione. E un altro sguardo ancora, quello della fede, che accoglie la Rivelazione. L’armonia di questi diversi piani di conoscenza ci conduce alla comprensione; e la comprensione – speriamo – ci apre alla Sapienza. Attraverso di noi, creature umane, questo universo può diventare, per così dire, consapevole di sé stesso e di Colui che ci ha creati: è il dono, con la relativa responsabiltà, che ci è stato dato come esseri pensanti e razionali in questo cosmo. Come è noto, Dante ha scritto che è l’amore che muove il sole e le stelle (Par XXXIII, 145).

Possa il vostro lavoro, ha concluso il Papa, essere «mosso» dall’amore: amore per la verità, amore per l’universo stesso, e amore di ognuno di voi per l’altro, lavorando insieme nella diversità.