Non accontentiamoci di una teologia da museo

L’anniversario – esordisce il Papa – coincide con quello dei cinquant’anni della chiusura del Concilio Vaticano II, che è stato una rilettura del Vangelo nella prospettiva della cultura contemporanea. Ha prodotto un irreversibile rinnovamento che viene dal Vangelo e adesso bisogna andare avanti. Come andare avanti? Insegnare e studiare teologia significa vivere su una frontiera, quella in cui il Vangelo incontra le necessità della gente a cui va annunciato in maniera comprensibile e significativa. Dobbiamo guardarci da una teologia che si esaurisce nella disputa teologica o che guarda il genere umano da un castello di vetro. Si impara per vivere: teologia e santità sono un binomio inscindibile.

La teologia va dunque radicata e fondata sulla Rivelazione e sulla Tradizione, ma accompagna pure i processi culturali e sociali, in particolare la transizioni difficili. In questo tempo la teologia deve farsi carico dei conflitti: non solamente quelli che sperimentiamo dentro la Chiesa, ma anche quelli che riguardano il mondo intero. Non accontentatevi di una teologia da tavolino. I buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini.

La teologia sia espressione di una Chiesa che è «ospedale da campo», che vive la sua missione di salvezza e di guarigione nel mondo. La misericordia non è solo un atteggiamento pastorale, ma è la sostanza stessa del Vangelo di Gesù. Vi incoraggio a studiare come nelle varie discipline: la dogmatica, la morale, la spiritualità, il diritto, possa riflettersi la centralità della misericordia. Senza la misericordia la nostra teologia, il nostro diritto, la nostra pastorale, corrono il rischio di franare nella meschinità burocratica o nell’ideologia, che di natura sua vuole addomesticare il mistero. Comprendere la teologia è comprendere che Dio è Amore.

Il teologo che l’Università Cattolica Argentina è chiamata a formare non dev’essere un teologo «da museo» che accumula dati e informazioni senza però sapere davvero cosa farsene, un intellettuale senza talento, un eticista senza bontà o un burocrate del sacro, bensì un teologo capace di costruire intorno a sé umanità, di trasmettere la divina verità cristiana in una dimensione veramente umana.