Custodire la fede mettendosi in ascolto
Questo significa che deve essere sempre viva la consapevolezza che non si è vescovi, preti o diaconi perché si è più intelligenti, più bravi e migliori degli altri, ma solo in forza di un dono, un dono d’amore elargito da Dio, nella potenza del suo Spirito, per il bene del suo popolo. Questa consapevolezza è importante e costituisce una grazia da chiedere ogni giorno. Infatti, un Pastore che è cosciente che il proprio ministero scaturisce unicamente dalla misericordia e dal cuore di Dio non potrà mai assumere un atteggiamento autoritario, come se tutti fossero ai suoi piedi e la comunità fosse la sua proprietà, il suo regno personale.
La consapevolezza che tutto è dono, tutto è grazia, aiuta un Pastore a non cadere nella tentazione di porsi al centro dell’attenzione e di confidare soltanto in se stesso. Sono le tentazioni della vanità, dell’orgoglio, della sufficienza, della superbia. Guai se un vescovo, un prete o un diacono pensassero di sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di nessuno. Al contrario, la coscienza di essere lui per primo oggetto della misericordia e della compassione di Dio deve portare un ministro della Chiesa ad essere sempre più umile. Pur nella consapevolezza di essere chiamato a custodire con coraggio il deposito della fede (1 Tm 6,20), egli si metterà in ascolto della gente. E’ cosciente, infatti, di avere sempre qualcosa da imparare. Continuiamo a pregare perché i Pastori possono essere immagine viva della comunione e dell’amore di Dio.