Il carcere deve servire a migliorare l’uomo

Giovedì 22 novembre Papa Benedetto XVI ha ricevuto i partecipanti alla conferenza dei direttori delle amministrazioni penitenziarie del Consiglio d’Europa. Al fine di «fare giustizia» – ha esordito il Pontefice – non basta che colui che è riconosciuto colpevole di un reato venga semplicemente punito; occorre che, nel punirlo, si faccia tutto ciò che è possibile per correggere e migliorare l’uomo. Quando ciò non accade la giustizia non è realizzata in senso integrale. Il compito degli operatori penitenziari, a qualunque livello, – ha aggiunto il Papa – non è certo facile.

Il contatto con coloro che hanno commesso colpe da espiare e l’impegno richiesto per ridare dignità e speranza a chi spesso ha già sofferto l’emarginazione e il disprezzo richiamano la missione stessa di Cristo, il quale è venuto a chiamare non i giusti ma i peccatori (Mt 9,13; Mc 2,17; Lc 5,32), destinatari privilegiati della misericordia di Dio. Ogni uomo – ha detto ancora Benedetto XVI – è chiamato a diventare custode del proprio fratello, superando così l’indifferenza omicida di Caino (Gen 4,9); agli operatori penitenziari è chiesto di custodire coloro che, nelle condizioni della detenzione, possono più facilmente smarrire il senso della vita ed il valore della persona, cedendo alla sfiducia e alla disperazione.

Il profondo rispetto dell’uomo, l’agire per la riabilitazione del carcerato, il creare una vera comunità educativa, si rendono ancora di più urgenti considerando anche la crescente presenza di detenuti stranieri, spesso in situazioni complicate e fragili. Ovviamente – ha proseguito il Pontefice – al ruolo delle istituzioni penitenziarie è indispensabile che corrisponda la disponibilità del detenuto a vivere un tempo di formazione. Una risposta positiva non dovrebbe essere semplicemente attesa ed auspicata, ma sollecitata e favorita con iniziative e proposte capaci di vincere l’ozio e spezzare la solitudine in cui sovente i detenuti restano confinati.

Molto importante in questo senso – ha osservato il Papa – è la promozione di attività di evangelizzazione e di assistenza spirituale, per destare nel detenuto gli aspetti più nobili e profondi, risvegliando in lui l’entusiasmo della vita e il desiderio di bellezza propri di chi riscopre di portare impressa in sé, in modo indelebile, l’immagine di Dio. Con la certezza sulla possibilità di rinnovarsi, la detenzione può assolvere alla sua funzione rieducativa e diventare per il detenuto occasione di assaporare la redenzione operata da Cristo nel Mistero Pasquale, che ci assicura la vittoria su ogni male.