Una sovranità più alta, quella della verità

DI ANDREA DRIGANI

Dopo aver meditato nei mesi scorsi sulle figure dei singoli Apostoli e sui primi testimoni della fede cristiana, Papa Benedetto XVI ha cominciato, nelle udienze generali, a dedicare la sua attenzione ai Padri apostolici, cioè alla immediate generazioni nella Chiesa dopo gli Apostoli.

Mercoledì 7 marzo ha iniziato con San Clemente, Vescovo di Roma negli ultimi anni del primo secolo, terzo successore di San Pietro, dopo San Lino e Sant’Anacleto. Lo scritto suo più importante è la «Lettera ai Corinti» della quale lo storico Eusebio di Cesarea dice: «È tramandata una lettera di Clemente riconosciuta autentica, grande e mirabile, fu scritta da lui, da parte della Chiesa di Roma, alla Chiesa di Corinto…Sappiamo che da molto tempo, e ancora ai nostri giorni, essa è letta pubblicamente durante la riunione dei fedeli». Tra le molte affermazioni, contenute in questa «Lettera», il Pontefice ha voluto rammentare che San Clemente sottolinea che la Chiesa ha una struttura sacramentale e non politica. La Chiesa – ha proseguito il Papa commentando le parole del suo antichissimo predecessore – è soprattutto dono di Dio e non creatura nostra e perciò la dimensione sacramentale non garantisce solo il comune ordinamento, ma anche questa precedenza del dono divino del qual abbiano tutti bisogno.

Dopo i testi del Nuovo Testamento – ha sostenuto Benedetto XVI – questa «Lettera» di San Clemente ci riporta la più antica preghiera per le istituzioni civili. Così, all’indomani della persecuzione dei cristiani, non si smette di pregare per quelle stesse autorità che li avevano condannati ingiustamente. Il motivo – ha aggiunto il Pontefice – è anzitutto per fedeltà alla parola di Gesù che, sulla croce, fa pregare per i persecutori. Ma questa preghiera – ha rilevato il Papa – contiene un insegnamento che guida, lungo i secoli, l’atteggiamento dei cristiani dinanzi allo Stato. Pregando per le autorità – ha osservato Benedetto XVI – San Clemente ne riconosce la legittimità nell’ordine stabilito da Dio; nello stesso tempo, però, egli manifesta la preoccupazione che le autorità siano docili a Dio ed «esercitino il potere che Dio ha dato loro nella pace e la mansuetudine con pietà».

Cesare non è tutto – ha esclamato il Pontefice – emerge, infatti, un’altra sovranità, la cui origine ed essenza non sono di questo mondo, ma di «lassù»: è quella della Verità – ha concluso il Papa – che vanta anche nei confronti dello Stato il diritto di essere ascoltata.