Paolo sulla via di Damasco
DI ANDREA DRIGANI
All’udienza generale di mercoledì 3 settembre, Papa Benedetto XVI ha voluto dedicare la sua catechesi all’esperienza che San Paolo ebbe sulla via di Damasco e quindi a quella che comunemente si chiama la sua conversione. Ad essere precisi – ha detto il Pontefice – Paolo non interpretò questo momento come un fatto di conversione, perché questa svolta della sua vita, questa trasformazione di tutto il suo essere non fu frutto di un processo psicologico, di una evoluzione intellettuale o morale, ma venne dall’esterno : non fu il frutto del suo pensiero – ha aggiunto Benedetto XVI – ma dell’incontro con Gesù Cristo. In questo senso non fu semplicemente una conversione, una maturazione del suo «io», ma fu morte e resurrezione per lui stesso: morì una sua esistenza e un’altra nuova ne nacque con il Cristo Risorto. In questo significato più profondo – ha continuato il Papa – possiamo e dobbiamo parlare di conversione. Paolo può dire, infatti, che ciò che prima era per lui essenziale e fondamentale è diventato «spazzatura»; non è più «guadagno», ma perdita, perché ormai conta solo la vita in Cristo. Non dobbiamo tuttavia – ha detto ancora il Pontefice – pensare che san Paolo sia stato così chiuso in un avvenimento cieco, anzi il Cristo Risorto che è la luce di Dio stesso, ha allargato il suo cuore e lo ha reso aperto all’intero genere umano. Nello stesso tempo la sua ragione si è aperta alla saggezza dei pagani e con la forza di Cristo è divenuto capace di un dialogo ampio per farsi tutto a tutti.
Questo – ha proseguito Benedetto XVI – vuol dire che anche per noi il cristianesimo non è una nuova filosofia o una nuova morale. Cristiani siamo soltanto se incontriamo Cristo; anche se non si mostra a noi nel modo irresistibile e luminoso come ha fatto con Paolo, possiamo incontrare il Signore nella lettura della Sacra Scrittura, nella preghiera, nella vita liturgica della Chiesa. Solo in questa relazione personale con Lui diventiamo realmente cristiani, e così – ha affermato il Pontefice – si apre la nostra ragione, si apre tutta la saggezza di Cristo e tutta la ricchezza della verità. Preghiamo il Signore – ha concluso – perché ci illumini, perché ci doni di avvertire la sua presenza e così ci dia una fede viva, una grande carità per tutti, capace di rinnovare il mondo.