Il primato dell’obbedienza a Dio e la necessità di fare penitenza

DI ANDREA DRIGANI

Giovedì 15 aprile Papa Benedetto XVI ha incontrato i componenti della Pontificia Commissione Biblica che si era riunita in assemblea plenaria per riflettere sull’ispirazione e la verità della Sacra Scrittura. All’omelia della celebrazione eucaristica, svoltasi nella Cappella Paolina, il Pontefice si è soffermato sulla frase di san Pietro: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini» ed ha osservato che questa risposta di Pietro al sinedrio è quasi identica a quella di Socrate nel tribunale di Atene.

Per entrambi  – ha continuato il Papa – l’obbedienza a Dio ha il primato, un primato che vale anche nei tempi moderni in cui si parla troppo spesso della liberazione dell’uomo, della sua piena autonomia e di conseguenza della liberazione dall’obbedienza a Dio. Ma quest’autonomia – ha osservato Benedetto XVI – è una menzogna ontologica, politica e pratica, perché se Dio non esiste, rimane come suprema istanza soltanto il consenso della maggioranza che, come ha insegnato la storia del secolo scorso, può essere anche un consenso al male. Le stesse dittature, come quella nazista e quella marxista, sono sempre state contrarie all’obbedienza a Dio. Non potevano accettare – ha detto ancora il Pontefice – un Dio al di sopra delle ideologie. Di conseguenza la libertà dei martiri costituisce un atto di liberazione nel quale la libertà di Cristo giunge agli uomini. Benedetto XVI ha poi spiegato come essere in comunione con Cristo significhi essere in un cammino la cui meta è la vita eterna, facendo presente come talvolta quasi si abbia paura di affrontare questo tema, mostrando un cristianesimo che aiuta a migliorare la società, ma che teme di dire che la sua meta è, appunto, la vita eterna. Un cristianesimo siffatto rimane un frammento se non si pensa a questo traguardo.

Il Papa ha poi parlato dello stretto rapporto tra penitenza e grazia, perché è una grazia riconoscere i peccati ed aver bisogno di rinnovamento e di cambiamento. Poter fare penitenza – ha concluso – è dunque il dono della grazia e questo vale anche per tanti cristiani che negli ultimi tempi hanno spesso evitato la parola «penitenza», perché appare troppo dura, mentre è necessario far penitenza, riconoscere quanto è sbagliato e lasciarsi trasformare.