«Credo la resurrezione»: Gesù spiega la vita eterna
Credo la resurrezione della carne. Questo è il messaggio che ci è donato dal Vangelo di questa domenica. Questa è la professione di fede che dobbiamo rinnovare. Ritengo che sia necessaria. Temo che al di sotto della cremazione – sempre più di moda – ci sia il dubbio sulla resurrezione dei morti. Si ragiona così: con la morte finisce tutto e tutto finisce nel nulla, tant’è…
Del resto, dalla cenere dispersa nel vento o nel mare ci si può aspettare la risurrezione della carne?! E però, per un cristiano la realtà della resurrezione dei morti è una verità di fede, che va creduta, perché così ci insegna la Chiesa: così ci insegna Gesù, proprio questa domenica.
Ricostruiamo la scena. Siamo a Gerusalemme. Siamo nelle ultime settimane della vita di Gesù. I sadducei, una classe appartenente all’aristocrazia sacerdotale (erano quelli che ai tempi di Gesù rifornivano i sommi sacerdoti), filo romani perché gli conveniva occupare i posti chiave nella società, pongono a Gesù la questione della resurrezione dei morti. Sono polemici coi farisei su due punti. Primo: respingono le tradizioni degli antichi, alle quali i farisei sono molto attaccati. Secondo: respingono la fede nella risurrezione, per cui con la morte tutto ha fine. Questi sadducei vogliono mettere in imbarazzo Gesù proponendogli un caso quanto mai grottesco, che mette in ridicolo la fede nella resurrezione. La legge dettata da Mosè sul levirato imponeva al fratello di sposare la cognata rimasta vedova, senza figli. Ora, dicono i sadducei, si dà il caso che la vedova diventi moglie di sette mariti. Alla risurrezione di chi sarà moglie? Perché tutti e sette l’hanno avuta in sposa. Gesù risponde alla richiesta e poi rafferma saldamente la realtà della resurrezione dei morti.
Primo: precisa la differenza radicale che c’è tra la vita terrena e quella ultraterrena; tra questo mondo e l’aldilà; tra questa vita e la vita che si eredita con la risurrezione. In questo mondo c’è bisogno di sposarsi per assicurare la generazione; nell’altro mondo non c’è più bisogno di procreazione. I morti godono la vita eterna. Figli di Dio e, perciò stesso, figli della risurrezione, sono nati ad una condizione celeste, simile a quella degli angeli. A questo punto Gesù passa a confermare questa fede con la Sacra Scrittura. Fa appello a Mosè ed esattamente all’episodio del roveto ardente, dove Dio si è rivelato come il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe; il Dio dei vivi, perché vivono in Dio, della vita stessa di Dio. Vivono in Dio; perciò stesso non possono morire; possiedono la vita stessa di Dio, la vita eterna. A questo punto riconoscono: Maestro, hai parlato bene.
Possiamo ricordare un altro passaggio di Gesù, quale si legge nel vangelo secondo Giovanni: Verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno. Quelli che fecero il bene per una risurrezione di vita e quelli che fecero il male per una risurrezione di condanna. E ancora: io non perdo nulla di quanto il Padre mi ha dato, ma lo risusciterò nell’ultimo giorno. A questo si può aggiungere tutta una teologia di san Paolo, espressa soprattutto nella lettera ai corinzi. Gesù è chiamato «primizia» di coloro che sono morti; dopo la primizia viene il raccolto. Gesù è chiamato «primogenito di quelli che sono destinati alla resurrezione», che siamo noi. Gesù è chiamato «il capo» di un corpo, di cui noi siamo le membra ed è semplicemente assurdo e ridicolo che di un corpo risusciti soltanto la testa! Ma dobbiamo fermarci.
Credo la resurrezione della carne! Pensiamoci, perché si passi dalla vita al Vangelo e dal Vangelo alla vita.
*Sacerdote cappuccino