Teniamo accesa la luce del sabato
La celebrazione della domenica delle Palme apre la grande e santa settimana nella quale contempleremo il mistero centrale della nostra fede, l’evento che è il fulcro della nostra speranza e la manifestazione dell’amore misericordioso di Dio per l’uomo, in ogni tempo. Si tratta, come sempre, di una celebrazione che riassume e concentra i momenti che saranno oggetto di celebrazione e contemplazione nei prossimi giorni, in particolare nel Triduo Sacro, Giovedì, Venerdì, Sabato Santo.
Già fin da oggi, infatti, ascolteremo l’annuncio del dono di Cristo, pane spezzato nella sera della cena, la libera offerta della sua vita che troverà la sua realizzazione nella morte in croce, la deposizione e la sepoltura come il chicco di grano nella terra, in attesa dello sbocciare di un frutto nuovo. Si tratta, quindi, di una celebrazione molto densa, difficile da commentare in breve, probabilmente l’atteggiamento migliore potrebbe essere quello del contemplare, del guardare, sentendosi spettatori, nel senso migliore del termine, di questo dramma che, come ogni dramma, innanzitutto avvolge, interroga, sconvolge e forse solo in seguito a questo sguardo partecipe può sedimentarsi nel nostro intimo e diventare nutrimento quotidiano.
Non per nulla in questa domenica e nella settimana, molti sono i momenti dalla forte valenza simbolica, visiva, che tende al coinvolgimento della persona: la processione delle palme, la lavanda dei piedi al giovedì, l’adorazione della croce il venerdì, come pure altri momenti più tradizionali, la via crucis, la visita ai sepolcri, realizzando quella «composizione di luogo», quell’«esserci» che S. Ignazio raccomandava nei suoi esercizi spirituali.
Volendo comunque sottolineare solo pochi elementi, tipici di Luca, che quest’ anno ci accompagna con la sua narrazione, potremmo soffermarci sull’asserzione di Gesù al momento del suo ingresso nella città santa, dopo essere stato invitato a far tacere i suoi discepoli: «se questi taceranno, grideranno le pietre» (Lc 19,40). Come faranno le pietre a gridare? Forse rotolando, sgretolandosi, franando, come abbiamo ascoltato recentemente nel vangelo della terza domenica, la torre caduta citata da Gesù (cf. Lc 13,1-9). È un modo rozzo di esprimersi (dalle pietre non possiamo aspettarci una grammatica raffinata), ma ci parla di necessità che non possono essere tacitate, di un mondo vecchio che ha bisogno di rinnovamento, di segni dei tempi che non possono rimanere inascoltati. Le grandi questioni, gli assetti del mondo e le sue crisi, i problemi dell’ambiente non sono cose per specialisti, ognuno può aprire bocca per evitare che siano le pietre le uniche testimoni di questo bisogno; Cristo apre nuovi spazi e nuove parole, perché i suoi testimoni possano dare voce alle speranze e le angosce del mondo.
Un’altra notazione tipica di Luca la troviamo alla fine del racconto della Passione: «già splendevano le luci del sabato» (Lc 23,54). Sono luci serene che ci parlano di famiglia, di unione per celebrare il giorno festivo, piccola pasqua della settimana. Cristo è entrato nel suo riposo, ma le luci sono accese e da lì a poco sorgerà un giorno nuovo, il sole della Pasqua. Così anche il mondo in cui viviamo, spesso contorto, ripiegato su se stesso e impaurito ha bisogno di qualcuno che tenga accesa la luce del sabato, comunità di testimoni che sanno parlare, tacere, contemplare, donare calore e speranza.
*Cappellano del carcere di Prato