I discepoli di Emmaus e l’incontro con il Risorto
Nel riflettere sul brano evangelico che la liturgia ci propone oggi, l’incontro del risorto con i discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), mi è venuto in mente un confronto con un film per ragazzi che viene periodicamente riproposto in televisione, ovvero Mary Poppins. Potrebbe sembrare poco serio un tale confronto, in realtà forse può essere utile per sottolineare alcuni elementi fondamentali di questo brano. Innanzitutto la situazione critica che è sullo sfondo.
Il film mostra non solo il problema principale, o quello supposto tale, i due bambini monelli e ingestibili, quanto piuttosto lo sfondo cupo (e da questo punto di vista il film è tutt’altro che allegro) che li circonda, uno sfondo che dietro l’apparenza di adeguatezza rivela tutta la sua inconsistenza: la madre attivista e femminista «ante litteram» che in realtà è succube del marito, quest’ultimo che si illude di avere tutto sotto controllo mentre è solo un piccolo ingranaggio della banca nella quale lavora, l’ammiraglio in pensione che continua a rimanere sulla terrazza come se fosse ancora in mare in un approccio falsato della realtà. E’ un mondo di apparenze che sta cominciando a scricchiolare, nonostante la sua possanza, della quale è immagine patetica e amara la cattedrale, buia e imponente, ma che lascia la povera mendicante sui gradini in attesa di un soldino.
In questo senso il mondo magico di Mary Poppins, un mondo da cartone animato, è più vivo e reale, più «possibile» e umano del mondo ingessato in cui vivono i bambini, bollati come disadattati e bisognosi di essere ricondotti all’ordine. Un contesto ugualmente incapace di recepire l’annuncio del risorto è quello dei discepoli nell’episodio di Emmaus. L’annuncio della resurrezione, che pure i due hanno ricevuto, non è «digeribile», non è consono alle loro aspettative, non è leggibile a meno che non si stabilisca una relazione nuova con il misterioso pellegrino. La parola, anche quella di Dio, deve ritornare parola, parola scambiata, comunicata, raccontata, non asettico documento storico o letterario.
La liturgia ritrova se stessa nel contesto dell’invito: «resta con noi…»; è una liturgia spoglia, non ha bisogno di arricchimenti, di stratificazioni, perché ha la vita dentro, riscalda il cuore, è flusso vitale. E allora perché Gesù Cristo scompare? Perché davvero non resta con loro? Perché, per tornare al film, Mary Poppins deve andare via (domanda che forse ha angosciato più di un bambino)? Certo i genitori sono cambiati, qualcosa hanno capito.
Anche i due di Emmaus sono cambiati, come pure Pietro e gli altri. Però, potremmo dire, rimarrà sempre la distanza, i due genitori non saranno praticamente perfetti come Mary, la Chiesa non sarà mai come Gesù, pur essendo suo corpo. E questo si riproporrà anche quando qualche testimone particolarmente qualificato farà percepire questa vicinanza: perché a un certo punto Francesco, Giovanni Bosco, madre Teresa, l’abbé Pierre, Tonino Bello se ne sono andati, perché dover ogni volta guardarsi intorno, o guardarsi dentro, per riafferrare questa corrente di calore che viene da Cristo e che può cambiarci il cuore ma anche farci coglierne la transitorietà? Perché non può essere che così, la Pasqua di Cristo, la sua stessa vita, passa attraverso le nostre vite, le nostre storie fragili, le rianima e le trasforma. Non viene consegnata in un kit di montaggio, sboccia e si illumina quando ascoltiamo, ci raccontiamo e invitiamo o siamo invitati a rimanere perché scende la sera.
*Cappellano del carcere di Prato