Accogliere l’ospite per incontrare Dio
La liturgia di questa domenica ci presenta un tema che nella cultura biblica riceve grande attenzione ma che ai nostri giorni è abbastanza ai margini quando non problematico, ovvero l’ospitalità, che nella prima lettura (Gn 18,1-10) e nel Vangelo (Lc 10, 38-42) si rivela addirittura come epifania, manifestazione del divino.
L’episodio di Abramo, ispiratore del capolavoro di Rublev, l’icona della Trinità, conserva un fascino intramontabile; l’incontro di Gesù con Marta e Maria ha alimentato a volte una disputa alquanto sterile su quale degli stili di vita, attiva o contemplativa, simboleggiati dalle due sorelle sia superiore. Forse per comprendere al meglio il senso di questi brani potremmo accostarli ad altri, in una sorta di assonanza: il vangelo con l’episodio dell’unzione di Betania (Gv 12, 1-8, dove la donna che unge il capo di Gesù è la stessa Maria) che provoca la reazione stizzita di Giuda; la prima lettura con il commento autorevole di Ebrei 13,2: con l’ospitalità «alcuni hanno accolto angeli senza saperlo».
Cosa possiamo trarre da questo doppio confronto? Innanzitutto la centralità dell’ospite. Abramo agisce così non perché nei tre personaggi egli riconosce degli angeli. Egli fa quello che avrebbe fatto per qualsiasi viandante affaticato che fosse passato dinanzi alla sua tenda. E anche nel rimprovero benevolo di Gesù a Maria, risuona la critica fatta a Giuda: possibile che non siate capaci di essere qui, di vivere pienamente questo incontro? C’è un fratello, chiunque esso sia, Cristo o un mendicante, volete incontrarlo e non pensare ad altro, alle cose da fare, ai progetti, a salvare il mondo coi vostri proclami? Il problema dell’essere altrove, questo è il punto. E’ un dato presente nella vita di ogni uomo anche ai tempi di Cristo, ma che oggi raggiunge vette inimmaginabili. Non essere mai là dove siamo, magari perché collegati altrove con i mezzi oggi a nostra disposizione, l’umanità «multitasking» capace di fare in contemporanea di tutto, presenziare a una riunione, chattare coi compagni del liceo, informarsi sui pacchetti vacanze, comprare on-line e magari essere pure solidale con gli altri inviando un’offerta tramite SMS.
Ma il tempo per aprire la propria tenda, gli orecchi, il proprio mondo a chi ci sta di fronte? Tutto questo con la buona volontà di Maria, o forse perfino di Giuda che con quell’interesse improvviso per i poveri voleva forse riempire il vuoto di relazione con Cristo che lo stava divorando. E allora si va sempre più sull’onda dell’eccellenza. Rapidità e velocità diventano le parole d’ordine, nascono nuove professionalità perché momenti di festa o divertimento possano funzionare al meglio. Ma diventano anche la festa dell’esclusione, la «security» è alla porta, controlla la lista degli invitati, non possiamo permetterci di abbassare la guardia, che si presenti qualcuno inaspettato.
Caro Abramo ti devi rassegnare, non è più possibile per noi rischiare l’incontro con lo sconosciuto. Ma così non incontriamo più nemmeno Dio, nemmeno con solenni e sofisticate liturgie. D’altra parte non è un caso se Cristo per incontrare i suoi si fa presente solo in un po’ di pane e un bicchiere di vino.
*Cappellano del carcere di Prato