Pentecoste: capirsi grazie allo Spirito Santo
La liturgia di Pentecoste offre una ricca serie di letture bibliche, quelle delle due Messe, vigiliare e del giorno, più alcune utilizzabili per arricchire la celebrazione, in una sorta di veglia. Perciò potrebbero essere molte le piste di riflessione da considerare. Ritengo comunque sempre interessante il confronto fra l’episodio della torre di Babele (Gn 11,1-9, 1a lettura della vigilia) e la narrazione di Atti (At 2,1-11).
A un primo sguardo potrebbe sembrare un’evoluzione abbastanza lineare: dal non capirsi al capirsi, dalla disunione all’unione.
In realtà le cose non sono proprio così semplici: vi è una rottura che permane in entrambi i casi fra linguaggio e comunicazione.
E riguardo all’esser-sempre-connessi tipico della nostra era: il profluvio di parole, immagini, simboli che si riversano su noi a ciclo continuo è esperienza di comunicazione? Neppure i nativi digitali, quelli che imparano prima a scrivere SMS che a parlare, sono garantiti da questo «esperanto» moderno. Comunicare è un’altra cosa.
La ricerca della giustizia, del bene, della pace, di un volto di Dio che non sia semplicemente la proiezione della nostra sete di potere, può accomunarci a tanti uomini di questo tempo, farci capire e comprendere di essere tutti germogli nel grembo del mondo, portarci a parlare il linguaggio del silenzio, dello stupore, della gratitudine. È il comunicare a questa vita, che è uno dei volti dello Spirito, che fonda una comunicazione nuova.
*Cappellano del carcere di Prato