Le beatitudini: un tuffo nel mare di Dio

Gesù, vedendo le folle, sale sul monte. È il nuovo Mosè che regala ai discepoli la legge nuova dell’amore. Questa scena mi ricorda le rocce calde e frastagliate della costa di Castelsardo. Da una di queste rocce, ero solita osservare la profondità del sottofondo marino, grazie alla limpidezza dell’acqua azzurra e trasparente. In attesa di tuffarmi. La folla schivava quell’angolo di paradiso e io stessa tentennavo di fronte a un’emozione, a uno slancio che, in realtà, non richiedeva tanto coraggio. In fondo, penso fosse alla portata di qualsiasi, ordinario nuotatore. Ma quando ti ritrovi lì, sul bordo della roccia, puoi attendere delle ore in attesa di trovare in te un pizzico di coraggio che ti spinga a osare. Solo allora «vivrai» veramente il mare.

Le beatitudini sono un tuffo nel mare di Dio. Desideri lanciarti lì dentro, ma una paura ti trattiene ai confini del messaggio evangelico. Fermo, aggrappato alle tue sicurezze, sogni la libertà mentre temi un piccolo atto di coraggio. Intravedi la bellezza e verità delle parole di Gesù, ne senti l’ampio respiro, eppure resti attaccato alla roccia frastagliata e scomoda delle tue apparenti sicurezze. Hai bisogno di deciderti, o di qualcuno che ti dia un incoraggiamento. Qualche volta, persino una spinta.

«Sotto l’azzurro fitto del cielo, qualche uccello di mare se ne va, né sosta mai, perché tutte le immagini portano scritto: più in là» (E. Montale). Cosa è questo «oltre», se non la libertà di chi non si ferma più alla fredda razionalità, ma si lascia spingere verso ciò che ancora non conosce ma, in realtà, già intuisce?

Purtroppo, però, ne siamo poco capaci. È per questo che le beatitudini sono più dono che conquista: sono il regalo gratuito di Dio che ti viene incontro attraverso le vicende della vita. Il dono di un «oltre» che da solo sei incapace di raggiungere. E a volte persino di sognare. Sono il regalo di una libertà di cui senti il profumo e che un giorno speri di respirare. Sì, c’è qualcuno che ci sostiene in questo cammino. Ci prende per mano e ci conduce là dove desideriamo andare. Forse, senza saperlo. C’è qualcosa o qualcuno che, nella vita, ci dà la spinta giusta. Una spinta che, al momento, ci fa male, ma poi ci permette di immergerci in un mare di freschezza, di limpidezza, di bellezza. Di silenzio profondo e libertà. Nessun silenzio è pacificante e riposante come quello delle profondità del mare; nessuna parola è liberante come quella di Gesù.

Nessuno sceglie di vivere le beatitudini. Nessuno è capace di viverle! Sembrano parecchio stravaganti! Eppure, sono il ritratto di un Dio che è fantasia, creatività, pienezza di vita. Non si possono comprendere, perché le profondità del mare non le puoi dire: puoi solo viverle. Solo Dio può regalarci, un giorno, questa esperienza.

E tutti noi, a volte, facciamo piccole immersioni in questo mare profondo. Abbiamo paura di tuffarci, ma è la vita che ci butta dentro, a volte persino con violenza. Chi di noi è capace di essere povero in spirito? Chi di noi pensa che la consolazione di Dio sia beatitudine? Chi di noi sente che se risponde al male col bene, erediterà la terra? Chi di noi preferisce allargare il cuore e fare esperienza del perdono di Dio, piuttosto che creare barriere e muri che lo separino inesorabilmente da Dio e dai fratelli, attraverso giudizi e condanne? A volte, però, la vita ti spinge fortemente verso questa esperienza di libertà, e lo fa mettendoti davanti a prove, scogli, difficoltà, delusioni, tradimenti. Le crisi e i turbamenti, allora, possono diventare condanna, oppure un trampolino di lancio verso un «oltre» che, da soli, non raggiungeremmo mai.

Tuffarsi è un po’ morire. È rischiare. Ma «se uno non ha scoperto qualcosa per cui è disposto a morire, non è degno di vivere» (M. L. King). Uno dei mali del nostro tempo è stare ai margini della vita, per paura di osare ciò che ci appare impossibile, rischioso, arduo. È una liberta di cui ci parlano gli uccelli del cielo, i pesci del mare.

Ce ne parlano, soprattutto, i bambini. Che non hanno passato, e attendono con fiducia il futuro. Beati i bambini, che ci insegnano la gioia dell’abbandono e della fiducia! Beati i bambini, che a volte sono felici di cadere, perché sanno che godranno della consolazione della mamma e del babbo! Beati i bambini che, pur essendo a volte molto egoisti, comprendono meglio di noi che essere piccoli è un grande privilegio. Beati i bambini, che hanno un unico pensiero, un unico intento, un’unica faccia: la loro purezza di cuore li apre alla visione di Dio. Beati noi se diventeremo bambini. Con la loro stessa fiducia nella vita. Questa è la via del vangelo. Questa è la via dei santi.

Suor Mirella Caterina Soro