Ascoltiamo la voce del «pastore bello»
A volte sentiamo risuonare nell’anima una voce familiare, vicina, inconfondibile. Voce dolce ed esigente. Voce leggera, mite e umile. È la voce di chi è intimo a noi più di noi stessi (cfr. S. Agostino, Confessioni, III, 6). È la voce del «pastore bello» (Gv 10,11), che chiama per nome le sue pecorelle e le conduce su «pascoli erbosi» (Sal 22,2). Cammina davanti e mostra loro la via, percorrendola lui, per primo. Anzi, lui stesso è la Via, lui è la Luce. Lui è la bellezza stessa della strada. È colui che rende incantevole il cammino, perché dietro ogni avvenimento della vita, se sappiamo vederlo, c’è sempre il suo abbraccio.
Il «pastore bello» delle pecore è Gesù. E noi siamo il suo gregge. Ci chiama a un rapporto di intimità, a una relazione così stretta che basta un sussurro e uno sguardo per intendersi. Le sue pecore lo seguono (cfr. 10,3). Restano in ascolto. E più lo conoscono, più lo amano. E più lo amano, più desiderano conoscerlo. Il pastore sa che il cuore delle pecore è insaziabile: il loro desiderio è infinito! Per questo, Egli ha dato la vita per le pecore (cfr. 10,17-18), per comunicare loro la sua stessa vita divina e tutta la sua gioia.
La Pasqua è la festa di questo regalo smisurato del Padre in Cristo all’umanità. Abbiamo ricevuto in dono, completamente gratis, una nuova vita, per la quale siamo resi capaci di ascoltare la voce del pastore e riconoscerla tra mille. Nessuno potrà mai strapparci dalla sua mano, eccetto che noi stessi. Ma dobbiamo alimentare la sete di Lui. S. Caterina da Siena dice che l’uomo può ricambiare l’amore infinito di Dio solo con il desiderio, perché è l’unica cosa che egli possiede di infinito (Caterina da Siena, Dialogo, III).
Mi viene in mente un bellissimo e famoso racconto di Lewis Carroll, «Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie». Vi ricordate? Alice, per una serie di strani incantesimi, si ritrova chiusa in una stanza. C’è solo un piccolissimo passaggio, al di là del quale intravede un giardino meraviglioso. Il suo desiderio si accende, vuole assolutamente raggiungere il giardino! Ma come arrivare al di là del muro? È impossibile! Forse, solo un dito della sua piccola mano entrerebbe in quella piccola fessura…
Quante proposte di Dio a volte ci sembrano inattuabili e assurde! Ma niente è impossibile per un’anima «bambina», capace di desiderare in grande e di raggiungere ciò che la ragione non illuminata dalla fede considera impossibile. Alice beve una pozione che la rimpicciolisce. Finalmente, può passare per la strettoia ma…ahimé, ha dimenticato la chiave sul tavolo, e ora è troppo piccola per prenderla! Ma un altro incantesimo le allunga il corpo e, così, la raggiunge.
Abbiamo in noi la capacità di desiderare e di trovare la chiave per entrare nella porta stretta che introduce nel giardino della vita. La porta è Gesù. Attraverso di lui, entriamo in Dio. La «pozione» che ci rende capaci di farci piccoli per entrare dentro la porta è la preghiera, unita all’amore per gli altri. La chiave per entrare nella porta è il sangue di Gesù, che ci ha aperto il paradiso.
La vocazione del cristiano è davvero formidabile. Così ne parla una grande mistica del nostro tempo, Madeleine Delbrêl: «Vi sono nella Chiesa dei “viaggiatori”, dei viaggiatori non nel senso di persone che viaggiano, ma di gente che va per le strade, per le vie, gente che ha imboccato la strada di Cristo non per fare una cosa determinata, non per fare una cosa dall’a alla zeta, ma per fare lungo tutto il cammino gli stessi gesti che ha fatto il Cristo. […] Non chiedono al Signore dove saranno l’indomani, perché hanno appuntamento con il Cristo. È il Cristo la loro strada, veramente» (M. Delbrêl, Comunità secondo il Vangelo).
Siamo chiamati a essere viaggiatori. A seguire il nostro pastore, creando tra noi quegli spazi di condivisione e di vita che sono il riflesso della comunione eterna del Padre e del Figlio, nello Spirito. Siamo chiamati a essere immagine di Dio! Infatti, dice ancora la Delbrêl, «l’amore fraterno è la realtà visibile dell’amore invisibile del Padre». E «tu vedi la Trinità se vedi la carità» (S. Agostino, La Trinità, 8, VIII).
Cristiani, svegliamoci! Oggi, siamo noi il corpo di Cristo che cammina nel mondo. Siamo lo sguardo di tenerezza del Padre verso l’uomo solo e disperato. Siamo la realtà visibile di Dio per l’umanità del nostro tempo! Chiamati a seguire il «pastore bello», solo se diventeremo attraenti potremo riavvicinare al Signore le pecore perdute. Egli le ha pagate con il suo sangue. Solo insieme a loro potremo passare la strettoia ed entrare nella festa.
Suor Mirella Caterina Soro