«Oggi devo fermarmi a casa tua»
Se non sbaglio, Zaccheo è l’ultimo persona che Gesù incontra prima di arrivare a Gerusalemme da quando, come dice l’evangelista Luca, si è incamminato verso la città santa con «ferma decisione» (9,51). Gesù lo «guarisce» e, guarendolo, pur senza dirlo, proclama anche per lui e per tutte le persone incontrate durante la salita verso Gerusalemme, la beatitudine dei poveri, perché dei poveri è il regno di Dio: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio» (Luca 6,20). Dopo l’episodio di Zaccheo, Gesù non incontra, ma «vede» la vedova che offre l’obolo al tempio e la indica come colei che ha dato a Dio più di tutti i ricchi e i nobili della città, perché gli spiccioli deposti nel tesoro erano gli ultimi che aveva, tutta la sua vita. Anche lei, così, è stata proclamata «beata» anche se nessuno mai glielo avrà detto.
Che Zaccheo, pubblicano, persona disprezzata da tutti per l’odiosità del suo mestiere, sia «beato» e contento di una contentezza che lo trasfigura anche nel corpo, è tutto il racconto di Luca a dircelo. Basta far caso ai verbi che l’evangelista usa per descrivere i suoi movimenti. Non solo indicano la volontà di vedere Gesù, ma quasi un desiderio incontenibile tanto da farlo apparire «folle». È bassotto e, forse, neanche molto giovane (visto l’odio che era riuscito ad accumulare sulla sua persona), e corre e sale su un sicomoro, neppure tanto basso e si arrampica su uno dei rami più alti per nascondersi nell’abbondante fogliame per vedere, ma non essere visto né dal Maestro, né dalla folla. Nessuno della folla alzò il capo, ma Gesù sì. Vede Zaccheo, lo chiama perché «deve fermarsi a casa sua». Zaccheo scende in fretta e pieno di gioia corre a casa anticipando il Maestro, per fargli preparare il pranzo. Il tocco ironico e leggermente caricaturale che Luca mette nel descrivere la scena, non dice disprezzo verso questo «strozzino patentato», ma la simpatia e l’affetto con il quale segue e guarda ai «piccoli» tra i quali primi sono i peccatori.
Il viaggio, meglio, la salita di Gesù verso Gerusalemme è salita verso il Calvario con tutto ciò che precede, ma pure con tutto ciò che segue. Mi viene da dire che Gesù salendo, già inizia a spargere i frutti di quella «salita» (morte e risurrezione), «guarendo» molti piccoli di cui Zaccheo è l’emblema, alla stregua del «buon» ladrone che muore a fianco di Gesù.
Ora torniamo all’inizio dell’episodio e rispondiamo a questa domanda: «Chi è che vuol “vedere”? E’ Zaccheo che vuol vedere Gesù, o è Gesù che vuol vedere Zaccheo?». La continuazione del racconto sembrerebbe dirci che è Zaccheo che vuol vedere Gesù: è lui ad averne il desiderio, è lui a cercare di vederlo ma, essendo basso di statura, si arrampica sul sicomoro dal quale spera di riuscirci. Però: se Gesù non fallisce il colpo d’occhio, e, soprattutto se gli dice che «deve» fermarsi a casa, dimostra che in lui c’era un piano ben preciso da rispettare. Gesù passa di lì perché è volontà di Dio che incontri Zaccheo, e salvi una pecora perduta, e sperduta, «nella» casa di Israele.
È questo vissuto di Gesù che ci fa certi di quale sia l’atteggiamento di Dio nei confronti di noi peccatori: poveri o ricchi, umili o dotti, zeloti o venduti alla potenza straniera, traditori o fedeli. Dio ama tutti e per tutti ha mandato il suo Figlio unigenito. Se così è, significa che non è Zaccheo che vuol vedere Gesù, ma che è Gesù a «cercare» Zaccheo e lo cerca con tanta passione che Zaccheo si sente attratto e, senza saperlo, gli corre incontro. E sarà l’incontro con il Maestro che gli fa cambiare vita e filosofia di vita.
Lui, attaccato al denaro, se ne disfa: «io do la metà di quel che possiedo ai poveri», ed è disposto a indebitarsi pur di restituire quanto dovuto a chi aveva derubato: «se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Il miracolo dell’incontro! Il miracolo del sentirsi cercati perché amati! Quanto c’è da imparare tutti, perché tutti peccatori! E quanto hanno da imparare coloro che, come me, hanno da esercitare il ministero della riconciliazione! Perché le persone si accostano con titubanza al sacramento della confessione? Certo, non perché non si sentono amati da Dio (altrimenti non verrebbero per nulla), ma perché temono di non essere accolti dai suoi ministri. E , ancora: perché i ministri della riconciliazione si sentono più giudici che fratelli «mandati» a salvare, meglio a proclamare la salvezza di Dio per ogni pecora perduta? Penso che né come peccatore, né come ministro di riconciliazione ho mai riflettuto seriamente su questo episodio della salvezza di uno che, pur non sapendolo, è figlio di Abramo. L’episodio di Zaccheo incarna tutto l’insegnamento di Luca sulla misericordia di Dio, ricordiamo le tre parabole della misericordia del capitolo quindicesimo.
Prima di accedere al sacramento della confessione, come peccatori che chiedono perdono o come «peccatori» che lo amministrano, meditiamo su questo episodio e una «luce» particolare si accenderà nel nostro animo.