Ha rovesciato i potenti, ha innalzato gli umili
Ancora una volta troviamo Gesù a tavola, invitato da un capo dei farisei e, come altre volte, coglie l’occasione per esporre il suo insegnamento. La tavola così si trasforma in cattedra. Oltre al cibo il Maestro partecipa anche il pane della Parola. Come non vedere in quest’avvio un accenno, neppure troppo velato, alla realtà del banchetto eucaristico ove, oltre che dal Corpo sacramentale di Cristo, siamo nutriti anche dalla sua Parola. Ogni domenica, quindi, cerchiamo di comprendere bene il messaggio che Gesù rivolge a ciascuno per partecipare all’Eucarestia con un cuore ben disposto e per incarnarlo nella vita di ogni giorno. Il messaggio di oggi, ad esempio, è un messaggio molto importante perché, come ama dire papa Francesco, ci invita ad andare contro corrente.
Se prestiamo attenzione ai versetti evangelici proposti oggi alla nostra riflessione, costatiamo che è riportato il primo versetto del capitolo 14 e, tralasciando i versetti dal 2 al 6 si passa ai versetti dal 7 al 14. Perché? Che cosa contengono i versetti non riportati? In questi versetti Luca narra della guarigione di un idropico. E’ giorno di sabato, Gesù sa bene che compiendo un’opera di guarigione, va contro la legge del riposo sabbatico provocando l’irritazione del fariseo e dei suoi amici presenti al banchetto, ma la fa lo stesso. Guarendo in giorno di sabato Gesù mostra come sia proprio il sabato, giorno di Dio, quello in cui si deve operare la salvezza dell’uomo. Inoltre l’idropico, un malato che soffre sempre una grande arsura e più beve e più si gonfia, è l’immagine di quanti sono gonfi di sé credendosi superiori agli altri, come pensavano i farisei. Guarendo l’idropico, Gesù mostra come anche i farisei possono salvarsi a condizione però che sgonfino la loro superbia. Nei versetti dal 7 al 14, infatti, prendendo spunto da quanto accade, Gesù dà due insegnamenti: il primo rivolto a coloro che sono invitati, il secondo a colui che ha invitato. Ai primi rivolge un chiaro insegnamento sull’umiltà. Al secondo sulla gratuità, contro la logica del contraccambio. Umiltà e gratuità sono due virtù rare e poco praticate sempre, ma, specialmente oggi, quasi scomparse dal nostro vocabolario perché l’umiltà si identifica con servilismo e gratuità con impoverimento di se stessi. Eppure sono due virtù che misurano quanto sono umani gli uomini.
La parola «umiltà» deriva da «humus» che significa «terra». Pertanto «umile» significa «poco elevato da terra», quindi «uno che non si esalta del proprio valore e dei propri meriti, e si mostra sempre consapevole dei propri limiti». Non solo l’uomo è vicino alla terra, ma è fatto di terra e terra ritornerà. Allora perché esaltarsi perché volere essere «più» degli altri e sempre in competizione con loro? Perché pretendere di avere sempre ragione, senza riconoscere la limitatezza anche del proprio ragionare? È evidente che chi assume un atteggiamento di superiorità, non solo non costruisce, ma distrugge e schiaccia tutto e tutti. E quando lo stesso atteggiamento è assunto da popolazioni intere o dai loro capi, è causa d’immense distruzioni come la storia ci insegna. Oltre a queste, noi cristiani abbiamo ragioni ben più grandi, perché legate alla nostra fede, che ci impegnano a vivere l’umiltà. La via dell’abbassamento, del mettersi all’ultimo posto non è la via percorsa da Dio in Cristo per salvarci? Da Dio… a uomo, … a servo, … a obbediente fino alla morte e … alla morte del «maledetto» (la crocifissione). Una strada di svuotamento totale ma, anche, di amore totale che l’ha portato a unirsi a ogni uomo, anche al «maledetto», e a tutti offrire il suo abbraccio di amore crocifisso. Di fronte a simile «fatto», centrale nella nostra fede, com’è possibile percorrere la via dell’esaltazione? Meschini che saremmo e che siamo e, soprattutto, uomini e donne di nessuna fede, se non percorressimo la via dell’umiltà. L’altro insegnamento, rivolto a chi ha invitato, è contro la logica del contraccambio. «Quando offri un pranzo o una cena non invitare i tuoi amici… che possono darti il contraccambio, ma poveri, storpi, zoppi e ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti».
La logica del contraccambio è quella del «non rimetterci mai», opposta alla logica dell’amore che è gratuità. Riconoscere la gratuità di Dio ci fa umili e riconoscenti, gli unici atteggiamenti coerenti con la nostra realtà di creature e di figli. Impariamo da Maria: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore; perché ha guardato l’umiltà della sua serva …».