Il primato di Pietro è un primato d’amore
In questa terza domenica di Pasqua, la Liturgia Eucaristica, come brano evangelico, ci fa leggere buona parte dell’ultimo capitolo di Giovanni. Un capitolo che tutti gli studiosi della Bibbia riconoscono essere stato aggiunto al libretto in un secondo momento visto che, già al termine del capitolo precedente, si chiudeva il vangelo con queste parole: «Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (20,30-31). E’ evidente, quindi, che il capitolo 21 è un’aggiunta, ma non inutile, perché di fatto apre al tempo della Chiesa nata dal mistero della Pasqua del Signore e proiettata nel mondo perché nella fedeltà alla Parola di Gesù («gettate le reti») e nutrita dell’Eucarestia (il pranzo preparato da Gesù a cui gli apostoli aggiungono i pesci presi da loro) salvi gli uomini dalla morte (il mare) e doni loro la vita dell’Eterno. Dal brano del vangelo si comprende anche che nella vita della Chiesa hanno un ruolo essenziale gli apostoli, in particolare Pietro e Giovanni. Sono infatti questi che apostoli che, insieme a Gesù, sono protagonisti del racconto mentre gli altri apostoli, pur nominati all’inizio del capitolo, restano nell’ombra.
Perché questa attenzione particolare su Pietro e Giovanni? Evidentemente perché fin dall’inizio della comunità cristiana questi apostoli hanno avuto un ruolo tutto particolare nel darle «forma» e/o perché in essi si sono colte le caratteristiche fondamentali della Chiesa che le permettono di essere quella che è, il Corpo del Signore Risorto. Essendo corpo, la Chiesa ha bisogno di essere una realtà ben compaginata unita e ferma nella fede. Essendo corpo vivo, perché il Signore risorto è vivo, ha bisogno di essere vivificata dall’amore. Ebbene proprio Pietro e Giovanni mostrano questi due volti della Chiesa «vivificati» dall’amore.
Nel brano di vangelo letto è fuori dubbio che dopo Gesù, il principale protagonista del racconto è Simon Pietro. E’ lui, infatti, che si getta in mare e raggiunge per primo il Signore sulla riva, è lui che riceve da Gesù il compito di pascolare tutto il gregge e, quindi, di esserne la guida sicura nel corso del tempo. Da tutto questo potremmo concludere che nella Chiesa è preminente la figura di Pietro e il compito che il Signore gli ha affidato. Tuttavia, se leggiamo in modo più approfondito il racconto, ci accorgiamo che dobbiamo tenere conto dell’altro aspetto incarnato dall’apostolo Giovanni (quel discepolo che Gesù amava).
È lui, infatti, che intuisce nel cuore che colui che dalla riva aveva detto di gettare la rete sulla parte destra della barca, era il Signore. È il «cuore» di Giovanni, quindi, che mette in movimento la generosità e la forza di Pietro che immediatamente si getta in mare e raggiunge Gesù. Inoltre, prima di conferire il «primato» (come oggi diciamo) a Pietro, Gesù gli fa l’esame sull’amore: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». E solo dopo l’umile e impacciata dichiarazione di amore dell’apostolo, Gesù gli affida la Chiesa.
Nella Chiesa, quindi, il primato è dell’amore, anzi, direi, tutto nella Chiesa dovrebbe essere una modulazione dell’unico verbo amare, come lo è stato per Gesù. Di questo verbo Papa Francesco ci ha fatto riscoprire altre melodie: bontà, tenerezza, misericordia, custodia, umiltà, semplicità, naturalezza … Per noi cristiani tutta questa ricchezza di amore si ricapitola in una parola: «Croce». Parola che, prima che sofferenza, dice «amore».
Papa Francesco lo ha ricordato ai cardinali il 14 marzo scorso e a tutti noi con queste parole: «Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore. Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti».