Credo; aiuta la mia incredulità!
Il brano del vangelo di oggi è la continuazione di quello che abbiamo ascoltato domenica scorsa tanto è vero che viene ripetuto il versetto già letto: «…Gesù cominciò a dire nella sinagoga: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”». Sono pochissime parole, ma «nuove» e «rivoluzionarie» come dicevamo la settimana scorsa e destinate a provocare una reazione che, infatti, non si fa attendere.
Una reazione che potremmo dire paradigmatica perché allude alla reazione di tutto il popolo di Israele che non riconoscerà in Gesù il Messia, l’inviato di Dio. I nazaretani, infatti, dopo un primo momento di meraviglia di fronte alle «parole di grazia» di Gesù, si rivoltano contro di lui fino al punto di tentare di gettarlo giù da un dirupo vicino alla città. Cosa è mai successo? L’evangelista Luca non ci dice quale sia stata la ragione che ha indotto i paesani di Gesù a rivoltarsi contro di lui e con «sdegno», quasi a vergognarsi di averlo come concittadino. Ciò che è accaduto possiamo comprenderlo dalle parole con le quali Gesù si rivolge loro.
Il punto critico del racconto di Luca, sembra essere l’osservazione di coloro che hanno ascoltato l’omelia di Gesù. Essi, infatti, si chiedono: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Se queste parole le leggiamo in continuità con ciò che precede, indicano il motivo della meraviglia dei nazaretani: come è possibile che uno di noi, delle nostre stesse origini pronunci tali «parole di grazia»? Se invece quell’interrogativo lo uniamo a quanto segue, risulta evidente che sono una provocazione e una sfida nei confronti di Gesù, come se gli avessero buttato in faccia questo disprezzo: ma chi pretendi di essere, non sei forse il figlio di Giuseppe? Perché, allora, non fai anche tra noi quanto hai fatto a Cafarnao?
Non solo Gesù non fa miracoli, ma afferma che, come è accaduto ai tempi dei profeti Elia ed Eliseo, egli si rivolgerà ad altri che neppure appartengono al popolo di Israele. Il rifiuto di fare miracoli su richiesta e l’aver posto gli stranieri avanti a loro, ha fatto infuriare i nazaretani che tentano di uccidere Gesù. «Ma egli, passando in mezzo a loro si mise in cammino»”, afferma Luca. Chiediamoci: per andare dove? L’evangelista non lo dice esplicitamente, ma noi sappiamo che Nazaret prefigura di Gerusalemme. Difatti è qui che Gesù sarà crocifisso fuori le mura della città e schernito, ma anche dove risorgerà.
Sono due i messaggi che possiamo trarre dal brano di vangelo di oggi. La profezia di Isaia, il messaggio di un’ umanità nuova è incarnato in Gesù di Nazaret, uomo tra gli uomini. Secondo messaggio il dono di essere nuova umanità in Gesù non è proprietà esclusiva di Israele, ma è un dono aperto a tutti. L’universalità della salvezza e il suo «compiersi» in Gesù, sono motivo di scandalo per i nazaretani e segnano la loro rottura con lui.
E noi che posizione prendiamo dinanzi a Gesù? Ci basta Lui vivente nella Chiesa e nei sacramenti, oppure andiamo in cerca di segni straordinari per essere confermati nella fede? Perché non siamo convinti che il «miracolo» più grande Gesù lo ha fatto morendo in quel modo sulla croce? Un’altra domanda mi pare coerente con il messaggio del vangelo di oggi. Siamo contenti che, nel modo che Dio solo conosce, anche i non cristiani, i non appartenenti alla nostra cultura… siano associati alla morte di Gesù e, quindi, salvati al nostro stesso titolo, che è la misericordia di Dio?
La fede è vita e, come ogni vita, è soggetta a crescere e a diminuire, anche ad ammalarsi, ma anche ad essere sanata da colui che solo può farlo: Gesù Cristo unico salvatore del mondo. In questo anno della fede non dimentichiamo di pregare come il padre del fanciullo muto e sordo guarito da Gesù di cui ci parla il vangelo di Marco: «Credo; aiuta la mia incredulità!». (Mc 9,14-29).