Portare la gioia, come Maria
Il breve brano di vangelo che la liturgia di oggi ci fa meditare è uno dei più gioiosi tra quelli che ci vengono proposti la domenica. Colmo di gioia, è l’andare frettoloso di Maria verso la casa di Elisabetta. Gioioso, addirittura fonte di gioia, è il saluto di Maria a Elisabetta. Esclamazione di gioia, è il saluto di Elisabetta a Maria. Un sussulto di gioia ha il piccolissimo Giovanni nel seno di sua madre. Massima espressione di gioia e di riconoscenza, è l’inno che Maria eleverà a Dio per le meraviglie che ha compiute in lei e, attraverso lei, in tutta l’umanità, che però non viene riportato nel vangelo di oggi. Il brano è anche un ultimo richiamo che ci viene fatto, perché ci prepariamo a celebrare con frutto la festa imminente del Natale. Oggi, infatti, è la quarta domenica di Avvento, che precede immediatamente la festa della nascita del Figlio di Dio nella nostra natura umana. E il «richiamo» non è espresso in parole, ma è una persona, la Vergine Madre. Il vangelo ci presenta Maria che «vola» da Elisabetta per costatare la sua prodigiosa maternità e comunicarle la propria, ancora più prodigiosa. La Liturgia, quindi, come modello di accoglienza del Figlio di Dio che nasce uomo tra gli uomini, ci propone la sua Madre e, evidentemente, non poteva essere diversamente. Tuttavia è interessante notare che ci venga presentata Maria nel momento della visita a Elisabetta quale portatrice di gioia. La gioia, dunque dovrà essere la caratteristica dei cristiani che vivono il Natale. Allora, chiediamoci: cos’è che colma Maria di tale e tanta gioia da poterla comunicare?
Come ci dice Elisabetta, Maria è colma e portatrice di gioia perché è «benedetta» e perché è «beata». È «benedetta» perché Dio, nella sua infinita misericordia, si è compiaciuto di renderla Madre di suo Figlio. È «beata» perché ha creduto nell’adempimento della parola del Signore e si è consegnata completamente nelle sue mani, divenendone «schiava». Anche la Chiesa e, quindi, ciascuno di noi che siamo Chiesa, abbiamo la stessa missione. Essere nelle vie desertiche e assetate del mondo portatori di gioia. È possibile? Certamente. Maria ne è la prova. Ma ci riusciremo? Ci riusciremo nella misura in cui anche noi come Maria ci sentiremo «benedetti» e «beati».
«Benedetti» lo siamo di certo perché la benedizione non dipende da noi, ma è puro dono di Dio che addirittura ci ha benedetti in Cristo prima della creazione del mondo. Pertanto il punto non è se siamo benedetti, ma se ci sentiamo benedetti e amati da Dio. Se ci guardiamo intorno ci sarebbe da dire di no. Infatti, non sono molte le persone che nei momenti difficili della vita si sentono abbandonate da Dio? Non è forse vero che ogni giorno sale a Dio il grido del Giobbe universale «perché, Signore?». E se guardassimo dentro di noi non potremmo forse dire la stessa cosa? Non ci è mai capitato, davvero, di pensare che Dio si fosse dimenticato di noi, che si fosse voltato dall’altra parte? E se ci è capitato ci siamo domandati il perché? Credo che se non lo abbiamo fatto sarà bene che lo facciamo per diventare più adulti nella fede. Allora perché anche a noi che diciamo di credere capita di pensare che Dio, in certi momenti ci abbia dimenticato? A me sembra che ciò accada perché noi vorremmo un certo tipo di benedizione, mentre Dio ce ne dà un’altra. Vedo di spiegarmi meglio.