La chiamata di Gesù arriva quando meno ce l’aspettiamo
Letture del 26 gennaio, 3ª domenica del tempo ordinario: «I Niniviti si convertirono dalla loro condotta malvagia» (Gio 3,1-5.10); «Fammi conoscere, Signore, le tue vie» (Salmo 24); «Passa la scena di questo mondo» (1 Cor 7,29-31» (Convertitevi e credete al vangelo) «Mc 1,14-20»
Marco ci vuole insegnare che prima di tutto c’è l’azione di Dio e la sua grazia, che essere discepoli di Gesù o, almeno, essere chiamati alla fede in lui è un suo dono, una sua iniziativa. Non c’è merito nell’essere cristiani. Il meccanismo della vocazione non è prima di tutto un gioco psicologico, ma è un atto di Dio. È lui che dà inizio a tutto.
I discepoli sono simili a Giona perché rispondono con prontezza, come questa volta fa anche il profeta di Ninive. Ma sono simili a Giona anche perché sono testimoni di un cambiamento. Giona vide cambiare la grande città e anche il cuore di Dio. I discepoli vedono cambiare se stessi e il loro programma di vita: da pescatori di pesci a pescatori di uomini. La vita cristiana inizia con una vocazione e procede con un continuo cambiamento. Essere cristiani vuol dire essere sempre pronti a un continuo rinnovamento seguendo le esigenze dell’annuncio del regno. Queste esigenze le determina sempre Gesù che, come maestro, precede ogni passo del nostro cammino. L’inizio del nuovo anno liturgico è un’ottima occasione per rivedere e verificare, e per rimetterci in posizione dietro di lui.