Quanto è faticoso amare il prossimo

Letture dell’11 luglio, 15ª domenica del Tempo Ordinario: «Questa parola è molto vicina a te, perché tu la metta in pratica» (Dt 30,10-14); «I tuoi giudizi, Signore, dànno gioia» (Salmo 18); «Per mezzo di lui e in vista di lui tutte le cose sono state create» (Col 1,15-20); «Chi é il mio prossimo?» (Lc 10,25-37)

DI GIOVANNI PACCOSIIl dialogo tra Gesù e il dottore della legge che gli domanda (come il giovane ricco) «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» è uno dei punti più straordinari del Vangelo. Questa domanda potrebbe rimanere un po’ lontana, come se domandasse qualcosa che riguarda l’aldilà: in realtà esprime l’esigenza per la quale ci alziamo ogni mattina e accettiamo la sfida di un nuovo giorno. Esprime l’esigenza della felicità, della soddisfazione del desiderio che costituisce ogni uomo. «Che devo fare per essere felice e non perdere mai la felicità?» Quindi una domanda che immediatamente ci mette nei panni del dottore della legge, ce lo fa sentire vicino e ci fa considerare seriamente quello che Gesù risponde. Nella versione di Luca Gesù in realtà non risponde, si riferisce alla Legge e restituisce la domanda allo stesso dottore della legge. Il libro del Deuteronomio e il Salmo 18 riescono in sintesi a metterci davanti a quello che era la «Legge» per il popolo ebreo: «Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, nè troppo lontano da te. Non è nel cielo (…) Non è di là dal mare (…) Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perchè tu la metta in pratica». La Legge è vicina, sta nella vita del popolo, è, come aggiunge il Salmo 18, perfetta, verace, giusta, limpida, fedele, più preziosa dell’oro, più dolce del miele. Si capisce che per il giusto ebreo la legge non era una «regola» esterna, imposta, ma il cammino, accettato, che aiuta la vita. Però quando quest’uomo che parla con Gesù sintetizza nel grande comandamento dell’amore tutta la legge, comprendiamo due cose.

La prima, e lo affermo con una punta di polemica con tanto insegnamento anche di noi preti, che la «Legge Nuova» di Gesù (che si presenta spesso come il cuore dell’annuncio cristiano), non era poi tanto nuova, era già scritta e conosciuta. La seconda cosa che comprendiamo è che riconoscere e cercare di vivere secondo la Parola di Dio non basta. Quando Gesù gli dice «Fa questo e vivrai», il dottore della legge, «volendo gustificarsi» si schermisce con un distinguo: «E chi è il mio prossimo?».

Chi non ha fatto esperienza di questa contraddizione fra il capire dove sta il bene e la fatica di realizzarlo? C’è bisogno di qualcos’altro, c’è bisogno di Uno da seguire, da imitare. Non solo nella mente e nel cuore, ma presente, com’era Gesù che comincia a raccontare quella sconvolgente parabola sulla carità del Samaritano, dello straniero e che costringe il suo interlocutore a riconoscere un nemico come «prossimo».

Lo dice San Paolo. «Per mezzo di lui…, in vista di lui…», tutte le cose sussistono in lui, in lui ogni pienezza (la vita eterna, la felicità, il significato del vivere, la perfezione), per mezzo di lui si riconciliano tutte le cose (trovano il loro centro, la loro proporzione) in lui tutto si rappacifica. Per mezzo del sangue della sua croce, chiarifica, tutto si rappacifica. Lui, non parole scritte o imparate a memoria, non ripetizione di modelli, ma presenza, presenza viva. La legge è un rapporto, nel quale quello che uno comprende, ma a metà, vive, ma non fino in fondo, si vede realizzato, rompe tutti gli schermi di giustificazione e di disperazione che erigeremmo.

Chi di noi non si sente piccino piccino, leggendo la parabola del buon Samaritano? Tutti conosciamo l’umiliazione della nostra meschinità, l’impotenza davanti ai tanti «prossimi» che vediamo soffrire. Ma possiamo tentare di seguire la nostra Legge, dolce e preziosa, perchè è Lui, perchè lo vediamo agire in chi ci è maestro nella fede e nella carità, e così, con tutti i nostri distinguo e i nostri però, ci mettiamo in moto e cominciamo a farci anche noi, cedendo mille volte, immagini del Samaritano che ha curato le nostre ferite. Uno vede il mondo e l’odio, la violenza, lo sfruttamento che lo dominano, e quello che ci impedisce di fare finta di nulla (che è un modo per difendersi) e ci spinge a non aver paura di farci prossimo è Lui, Samaritano della nostra miseria.paccosi@terra.com.pe