Quattro tappe per incontrare Gesù

Da questa settimana il commento alle letture domenicali è curatoda don Pierdante Giordano, salesiano.Letture del 10 aprile, terza domenica di Pasqua: «Non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere» (At 2,14.22-33); «Mostraci, Signore, il sentiero della vita» (Salmo 15); «Siete stati liberati con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza macchia» (1 Pt 1,17-21); «Lo riconobbero nello spezzare il pane» (Lc 24,13-35).di Pierdante GiordanoL’appuntamento domenicale della comunità cristiana continua ad essere caratterizzato dal gioioso annuncio che Gesù è risorto. I testi liturgici riportano con insistenza questo richiamo all’evento che è fondamento e giustificazione della fede dei cristiani. Quasi un invito a non perdere mai di vista la ragione che ci rende «i fedeli» a Gesù, riconosciuto come «il Signore dei viventi». Un invito a riconoscerlo «vivente». Sotto questo profilo è istruttiva la pagina del Vangelo che l’evangelista Luca sembra curare con una particolare preoccupazione educativa. Sembra voler dire al lettore: ti spiego quale percorso devi fare per incontrare il Signore della vita.

Sono queste tappe che vorremmo puntualizzare, sulla traccia della narrazione del cap. 24 di Luca. Se le meditiamo con attenzione, ci si manifestano come momenti essenziali e necessari per un itinerario che ci educa ad un vero atteggiamento di fede. L’allusione all’«itinerario» è suggerito dalla narrazione: «due discepoli erano in cammino». L’esperienza di fede è sempre segnata dalla tensione e dall’avanzamento. Nessuno potrà mai dire: sono arrivato; sono finalmente a posto; non ho bisogno di altro impegno o di pormi nuove domande. Ecco le tappe essenziali del nostro cammino.

Lo sguardo sulla nostra storia. Tutt’altro che esaltante! Il cammino dei discepoli appare tormentato dall’evocazione dolente della loro recente esperienza. C’è un discorrere che porta al proprio interno l’esperienza che ogni persona fa quotidianamente: viviamo proiettandoci appassionati dentro i nostri sogni e ogni nostra giornata si illumina alla luce della speranza che essi possano realizzarsi. L’esperienza più comune, tuttavia, è la frustrazione. Tutti cogliamo un diffuso pessimismo e tendiamo a farci sempre più convinti che «tanto tutto è inutile», «va sempre peggio», «non cambierà mai nulla»… La percezione del fallimento e dello sgretolamento dei nostri sogni rischia di paralizzarci la vita («si fermarono; tristi»). Ma è da questa realistica osservazione della storia che ha avvio l’esperienza di un itinerario di fede. Perché è reale la nostra fragilità. È reale il bisogno di proiettarci verso condizioni di vita più positive. È reale il nostro sbandamento interiore di fronte a queste considerazioni.

Il bisogno di comprensione. Gesù «spiegò le Scritture». Questa seconda tappa entra nel segmento più significativo dell’itinerario spirituale. Luca annota che Gesù (nelle vesti di «sconosciuto» che accompagna il cammino dei discepoli) ancora una volta parla della sua vicenda personale con un ricorso puntuale alla Scritture. Chissà quante volte i due discepoli avranno sentito quelle stesse cose! Ma quanta fatica a comprenderne il senso e la relazione all’avventura umana di Gesù. Questa «tappa» ci invita a comprendere come sia indispensabile un ascolto attento e attuale della Parola di Dio. Come sia essenziale, nella interpretazione dei nostri disagi e delle nostre situazioni contorte, «ascoltare» Dio, ritornare alle sue Parole, ricomprendere la nostra storia alla luce della vicenda di Cristo, misurarci costantemente non con «spiegazioni» umane, ma con le parole che dicono le intenzioni di Dio sulla nostra storia.

Riconoscere una presenza. I segni che «aprono gli occhi». È curiosa la narrazione di Luca: due personaggi, frequentatori di Gesù, fanno quasi 11 km di strada con lui e non lo riconoscono. Lo identificano, invece, quando compie un gesto divenuto familiare: lo «spezzare il pane». Le parole, le spiegazioni sembrano non bastare. C’è un segno concreto, ormai diventato «speciale», che fa rivelare una presenza, che assicura un incontro autentico, che svela l’identità più profonda di Colui che si incontra. Nel gesto «speciale» voluto da Gesù, i suoi distratti discepoli possono fare esperienza vera di Lui. Ora sì che lo incontrano realmente.

Il bisogno di ridire la propria esperienza positiva. L’ultima tappa è anch’essa emblematica. Nonostante l’ora tarda e l’evidente stanchezza del cammino, i due discepoli sentono l’esigenza di tornare «subito» a Gerusalemme per dire l’evento in cui sono stati coinvolti e che, alla fine, conferma la certezza della presenza di Gesù, ancora una volta vivo tra loro. Chi sperimenta qualcosa di fascinoso ed esaltante, sente il bisogno di comunicarlo a qualcuno. Ognuno può dire di aver fatto almeno una volta questa esperienza. Luca ci insegna: chi fa vera esperienza del Risorto non si ferma più. Non si dà pace fino a che l’esperienza positiva vissuta non sia condivisa da altri. È il salutare contagio della fede. È l’obiettivo ultimo della vita del credente: incontrare Cristo Gesù per farlo incontrare.